Tra mercato e sicurezza l’Europa in risalita

ATTUALITÀ. Nella percentuale globale dei brevetti settore robotica gli Usa battono la Cina 4 a 1. Nell’internet delle cose però già la situazione cambia: 2 a 4 a favore di Pechino. Nel solare poi non c’è partita, il rapporto è 5 a 75 per i cinesi.

Nei big data siamo a 15 a 65. Nell’intelligenza artificiale siamo in parità. Sono dati presi dal «Global innovation report 2021». Guardiamo i numeri e capiamo chi si gioca il dominio nella competizione globale. L’Europa è un comprimario. Prima di accompagnare Emmanuel Macron a Pechino, nei giorni di Pasqua Ursula von der Leyen è andata a Washington per concordare con Joe Biden una via europea al «decoupling» americano. In Europa si chiama «derisking» ovvero operare sì con la Cina ma in sicurezza. Il che vuol dire che occorre portare alcune produzioni strategiche come per esempio i microprocessori, i pannelli solari e le tecnologia per le rinnovabili in Occidente senza pregiudicare i buoni rapporti commerciali.

Ma i francesi vogliono far giocare all’Europa una propria partita. Per Parigi la Cina è al tempo stesso un partner, un concorrente e un rivale sistemico. La Germania vorrebbe stare sulla linea francese ma non può. Troppo potente la sua economia per non costituire un pericolo per il nuovo ordine americano. La Cina è lo sbocco naturale per il suo export senza il quale interi settori produttivi andrebbero gambe all’aria. Proviamo a ipotizzare una Volkswagen senza il 40% circa della sua produzione, adesso collocata sulle piazze del dragone rosso, e avremmo subito una cassa integrazione per migliaia di lavoratori. Così il riportare tutte le industrie strategiche subito a casa come vogliono gli americani per i tedeschi sarebbe un suicidio.

Gli americani han capito e hanno dato il loro assenso al business con la Cina a condizione di porre in essere contromisure per tutelare i settori strategici. Il 5G per esempio non va lasciato alle imprese cinesi se non per parti marginali. Ursula von der Leyen tutela così l’industria europea, vedi tedesca, cedendo alla pressione americana nel voler indicare in Pechino un pericolo sistemico. In questo spazio che tiene conto degli interessi strategici americani si è inserito Macron per presentarsi come uomo del dialogo che vuole la pace in Ucraina e appoggia Xi Jingping nel suo ruolo di mediatore. Il presidente francese spera che nel conflitto ucraino la Cina possa imporre il suo soft power con Mosca. Il prezzo da pagare sarebbe quello di girar la testa su Taiwan. Macron è chiaro: non farsi irretire da crisi che non sono le nostre perché i cinesi sono preoccupati per la loro unità. L’idea è rimaner fedeli alla Nato ma agire in proprio. Ai francesi le aspirazioni alla ribalta internazionale come co-attori di un processo di pace, ai tedeschi il compito di tener buoni gli americani. Guadagnare tempo è la strategia con l’obiettivo di guardare ad altri mercati e sganciarsi dal vincolo cinese.

In questo conflitto ucraino è emersa quindi la debolezza dell’Unione Europea. Non ha forza per imporsi a livello globale e deve lasciar spazio alle due superpotenze. Il desiderio di tranquillità pensionistica di una popolazione anziana ha prevalso in questi anni a scapito di investimenti strategici a lungo termine nella ricerca e nella produzione integrata con le energie rinnovabili. L’Europa recupererà, non c’è dubbio, ma dopo gli altri. Anche se i numeri per contare ci sarebbero. Il Pil Usa è a 25mila miliardi di dollari, la Cina a 18mila la Ue a 17mila. Negli armamenti gli Usa 761 miliardi, la Ue 257 che è sempre più della Cina a 230. Ma ciò che decide è l’età media della popolazione Ue a quota 44,4 Usa e Cina sui 38. Sei anni decisivi. Solo un continente di giovani guarda lontano e ha la forza vitale e la determinazione per affrontare le sfide del futuro.

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