Tra Meloni e Salvini una partita su più fronti

ITALIA. Quattro giorni dopo l’apertura dei seggi delle elezioni europee e la conta dei relativi voti, Giorgia Meloni volerà in Puglia, a Borgo Egnazia, per presiedere il G7

Appuntamento assai impegnativo per lei ma forse nemmeno più di tanto, vista la scioltezza che ha dimostrato in questi venti mesi di governo proprio in politica estera. Vedrà Biden, Macron, Sunak, Scholz, Zelensky: c’è chi giura che, acquisito il voto, si allineerà alla posizione di tutti gli altri consentendo agli ucraini di usare le armi italiane anche oltre il confine russo, cancellando un fastidioso episodio di isolamento.

Ma tutto dipenderà da quanto la campagna elettorale avrà «fruttato» all’ambiziosa premier, e quanto avrà prodotto negli altri Paesi europei. Un forte risultato in patria rafforzerebbe la sua possibilità di influire sulle scelte europee (nomina delle Commissione, spartizione delle poltrone); un avanzamento dei partiti di destra nella UE potrebbe attenuare le sue nette posizioni a favore dell’Ucraina e contro la Russia (sempre al netto degli interessi delle tante aziende italiane che lavorano nel e col regno di Putin).

Ma questo è tutto da vedere: c’era molta tattica nei discorsi della premier degli ultimi giorni, anche quando ha sì obbligato Salvini a fare marcia indietro nell’attacco a Mattarella – reo di aver parlato di «sovranità europea – ma ha anche evitato di prenderne pubblicamente e apertamente le distanze ben sapendo che non tutto l’elettorato suo è così favorevole all’Ucraina e così distante dal «tradizionalista» zar moscovita. E quindi perché regalare voti a Salvini? Il voto servirà anche a questo: a ribadire che nella coalizione di centrodestra il bastone del comando ce l’ha lei, e nessun altro: né chi, come Salvini le fa concorrenza, né chi come Tajani si dimostra alleato meno insidioso.

L’obiettivo dunque è superare il risultato delle politiche del 2022: a questa condizione la strada sarà spianata fino alla fine della legislatura e la mano sarà libera, sia in politica interna che (parzialmente) estera.

Se Giorgia cerca il trionfo, Salvini gioca per la salvezza. Deve a tutti i costi mantenere la «sua» Lega al secondo posto della coalizione, prima di Forza Italia. Per questo ha arruolato il generale Vannacci che promette di essere un raccogli-voti di una certa potenza: certo ha scontentato i leghisti che vedono il militare come un corpo estraneo, perdipiù troppo pencolante verso l’estrema destra, ma ha fatto una mossa abile che di sicuro gli renderà: potrebbe essere il suo asso nella manica. Poi, con un attacco a Mattarella, un applauso a Trump, una botta all’Europa «invadente», Salvini spera sempre di portare via un po’ di voti a Fratelli d’Italia. Vedremo se l’operazione gli riuscirà: in ballo potrebbe esserci la sua stessa posizione di comando anche se spesso il «Capitano» ha deluso chi pronosticava la sua caduta ad opera dei colonnelli del Carroccio.

Chi non ha troppi problemi è Antonio Tajani. La sua linea sta rendendo: europeista, atlantista, centrista, né guerrafondaio né pacifista, di indole moderata e prudente, il ministro degli Esteri ha già raggiunto il suo obiettivo: ha dimostrato che Forza Italia è viva anche dopo la morte di Berlusconi. E adesso vuole fare un passetto in avanti: conquistare la medaglia d’argento tra Meloni e Salvini. Pacificato un partito cronicamente scosso dalle correnti, il suo obiettivo è drenare il voto di chi sta convintamente nel centrodestra ma non si spinge fino alla destra di Fratelli d’Italia e non si fida (soprattutto a Sud) delle posizioni barricadere di Salvini. E potrebbe anche riuscirgli.

© RIPRODUZIONE RISERVATA