Tra Francia e Italia collaborare è necessario

ESTERI. Il clima avvelenato dalla guerra di questi ultimi due anni. La drammatizzazione che spesso accompagna anche le piccole diatribe tra i Governi di nazioni diverse. E il fatto indubbio che il Governo italiano di centro-destra in Europa cammina un po’ sulle uova, tra questioni economiche assillanti e legittimità da conquistare.

Questi fattori, messi insieme, avevano creato una strana attesa intorno all’incontro di ieri tra il presidente francese Emmanuel Macron e la premier Giorgia Meloni, che per la prima volta entrava all’Eliseo. Francamente: un’attesa eccessiva. E infatti le cose sono andate come dovevano andare. Cordialità, convergenza su alcuni temi di principio (per esempio: l’Europa deve difendere le frontiere esterne e organizzarsi meglio quanto ad asilo e immigrazione), consonanza totale sulla questione ucraina (la Meloni si è detta «fiera» di annunciare insieme con Macron che il sistema antiaereo franco-italiano Samp-T è adesso operativo al fronte), attenzione per la sponda Sud del Mediterraneo con Libia e Tunisia in primo piano, cura dei prossimi appuntamenti comuni, dal Consiglio d’Europa di fine mese al summit Nato di luglio.

Attenzione, però. Tra Italia e Francia non era gelo prima, quando il ministro degli Interni francese Darmanin definiva il nostro Governo «incapace» e «disumano». E non è amore adesso. Per fare un esempio piccolo: Meloni è volata a Parigi anche per sostenere la candidatura di Roma quale sede per l’Expo 2030, e poche ore prima Macron aveva appoggiato quella della capitale saudita Ryad. Per fare un esempio più grande: poco più di un anno fa, Italia e Francia firmavano il Trattato del Quirinale, dodici punti per sancire una più stretta collaborazione. Ma sei mesi fa la Francia ne ha firmato un altro, quasi identico, con la Spagna, il che dimostra che Parigi non rinuncia all’ambizione di dare le carte sul Mediterraneo intero. Nulla di cui stupirsi, basta ricordare che dietro le grandi affermazioni di principio si svolge sempre la partita, più silenziosa, dell’interesse (economico, politico, strategico) nazionale. E questo, per quanto riguarda Italia e Francia, è un bene, perché i Governi dei due Paesi sono abbastanza lucidi da capire che la collaborazione rende a entrambi, soprattutto in una fase in cui i rapporti interni all’Unione europea sono molto cambiati e il famoso asse franco-tedesco, anche a causa dell’invasione russa dell’Ucraina e di tutte le sue conseguenze, non è più solido e decisivo come un tempo.

Infatti, mentre certi ministri si rimbrottavano a vicenda, altri continuavano a lavorare come se niente fosse. I ministri dell’Agricoltura Lollobrigida e Fesneau, per esempio, impegnati sui temi della sovranità alimentare europea e sulla spinosa questione dell’etichettatura degli alcolici, che rischia di diventare uno stigma per i vini italiani e francesi. I ministri della Difesa Crosetto e Lecornu, che si sono incontrati di nuovo ieri a Parigi alla riunione dei Paesi europei della Nato, e che sono in stretto contatto per le questioni relative a forze armate, arsenali e aerospaziale. Il ministro italiano delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e il ministro francese dell’Economia e della Sovranità Industriale Bruno Le Maire. Si fa di necessità virtù, tra un Paese come la Francia, che ha visto bruscamente ridimensionate le proprie ambizioni di media potenza industriale e militare, e uno come l’Italia, che da tempo cerca con fatica un rilancio ma resta un elemento fondamentale dell’architettura europeista.

Insomma, dietro le molte parole si fa anche qualche fatto non secondario. In attesa di una vera e concreta politica europea sulle migrazioni, che non può prescindere da una strategia di cooperazione e sviluppo con la sponda Sud del Mediterraneo. Di questo si parla quando si cita, come ha fatto ieri Macron, il «diritto a non emigrare»: quattrini, progetti, posti di lavoro, sostegno sociale. Altrimenti come si fa a chiedere alla gente di non partire? Di non rischiare la vita sui barconi? Con l’aria che tira nell’Europa del Nord e dell’Est, tra guerra e nazionalismi assortiti, Francia e Italia avranno bisogno di tutta la loro capacità di collaborazione per spingere Bruxelles a qualche vero passo avanti.

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