Tira aria di destra sul voto in Spagna

ESTERI. L’azzardo probabilmente non pagherà. Tutti i principali sondaggi assegnano la vittoria alle formazioni di centrodestra - Partito popolare (PP) e ultradestra di Vox - che insieme sono vicine a ottenere la maggioranza assoluta alle Cortes, il Parlamento spagnolo.

L’aver anticipato di alcuni mesi le legislative rispetto alla naturale scadenza - e per di più tenerle in estate, quando la gente è in vacanza, - non sta favorendo il Partito socialista (Psoe) e i suoi alleati. Anzi. Vi è la netta sensazione tra i sondaggisti che l’onda di Vox sarà più lunga rispetto a quanto previsto alla vigilia, poiché tanti pubblicamente non dicono che nel segreto delle urne, domenica 23, daranno la loro preferenza al partito di Santiago Abascal, un basco, ex del PP, avversario acerrimo dei separatisti dell’Eta, vissuto per anni sotto scorta.

Anche il confronto televisivo tra il premier uscente Pedro Sánchez e leader del PP Alberto Núñez Feijóo si è risolto in una mezza débâcle per il capo del Governo che non ha trovato argomenti convincenti per controbattere alle affermazioni del sornione avversario gallego.

Il «se noi del PP non avremo la maggioranza assoluta cercheremo delle alleanze, come voi avete fatto con i baschi» non ha trovato risposta in Sánchez. Manco l’agitare lo spauracchio del pericolo del ritorno del franchismo non pare smuovere l’elettorato. Il «ma allora, andrete con Vox?» pare essere caduto nel vuoto.

È proprio l’aver sostenuto l’azione dell’Esecutivo con intese con le formazioni nazionaliste basche e catalane il tallone d’Achille dei socialisti, che non possono contare su un valido aiuto dalle compagini della sinistra.

Già alla fine di maggio, dopo il voto alle elezioni locali, la situazione appariva compromessa per il Psoe, che aveva ceduto ben 8 regioni al PP. E proprio in questi giorni nella Comunità valenciana e in Estremadura si sono formati governi regionali dei popolari appoggiati da Vox, forse un’anticipazione di quanto avverrà a livello nazionale, dove il responso delle urne potrebbe riservare sorprese.

Il fenomeno che colpisce è che il Psoe di Sánchez ha perso a maggio e, forse succederà anche domenica, nelle sue tradizionali roccaforti come l’Andalusia di Felipe González. Il quartiere madrileno di Vallecas, da sempre rosso, è andato alle destre. A Barcellona la sinistra e le formazioni a lei collegate si sono divise facendo il gioco di Vox.

Sorge un dubbio: i socialisti, che dopotutto non hanno governato male dal 2018 ad oggi, sono ancora in grado di rappresentare gli interessi e riportare le voci delle classi medie e lavoratrici in Spagna?

Le alleanze sbagliate, la litigiosità interna, la stanchezza dell’opinione pubblica verso certi politici sembrano propendere per una risposta negativa.

Se così fosse, con un Esecutivo di centrodestra al potere, Madrid si avvicinerebbe ulteriormente alle posizioni italiane sui migranti e sull’urgenza di riproporre la questione del Mediterraneo al centro dell’agenda europea. Va bene il recente accordo con la Tunisia, ma bisogna fare di più.

Allo stesso tempo, in vista delle consultazioni Europee del giugno 2024, si rafforzerebbe l’asse popolari–conservatori. Dopo i responsi clamorosi in Scandinavia, dove le socialdemocrazie hanno lasciato dopo decenni il potere, l’Europa sta virando a destra. Ma molto dipenderà dalla Francia e dalla Germania, dove i democristiani della Cdu hanno già messo le mani avanti, affermando che non faranno mai intese con «Alternative».

L’alleanza tra popolari, liberali e socialisti, ora maggioritaria in Ue, è comunque lo stesso avvertita.

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