L'Editoriale
Giovedì 13 Ottobre 2022
Terremotati colpevoli per una sentenza spietata, le responsabilità altrui
Il commento. È una sentenza quanto meno strana, oltre che impietosa, quella emanata in sede civile del Tribunale dell’Aquila riferita al crollo di uno stabile in centro del capoluogo abruzzese nel sisma del 6 aprile 2009 in cui morirono 24 persone sulle 309 complessive. È stata infatti ritenuta una colpa, per le vittime morte sotto le macerie del crollo, non essere usciti di casa dopo due scosse di terremoto molto forti che seguivano uno sciame sismico che durava da mesi. In pratica se la sono cercata.
«È fondata l’eccezione di concorso di colpa delle vittime - si legge a pagina 16 della sentenza - costituendo obiettivamente una condotta incauta quella di trattenersi a dormire nonostante il notorio verificarsi di due scosse nella serata del 5 aprile e poco dopo la mezzanotte del 6 aprile». Dunque dopo le due scosse gli studenti dello stabile avrebbero dovuto abbandonarlo. Per andare dove? Forse il loro comportamento è incauto in un mondo perfetto, dove esistono rifugi comodi e accoglienti dove continuare la propria vita, informazioni certe sulla pericolosità e l’entità delle scosse, funzionari solerti che danno l’allarme su ciò che può arrivare, enti pubblici che mettono a disposizione alloggi, beni di prima necessità, trasporti, vitto, abbigliamento, aiuto psicologico e via dicendo.
Nessuno ha detto agli abitanti dello stabile di abbandonare le loro case e i loro beni. Perché naturalmente nessuno sapeva come sarebbe andata a finire, nessuno poteva prevedere, immaginare quel che sarebbe successo
Naturalmente a L’Aquila, in quei giorni, non c’era nulla di tutto questo. C’erano solo gli sciami sismici che si susseguivano da settimane, alcuni forti, altri meno forti, con il loro carico di inquietudine e interrogativi. Nessuno ha detto agli abitanti dello stabile di abbandonare le loro case e i loro beni. Perché naturalmente nessuno sapeva come sarebbe andata a finire, nessuno poteva prevedere, immaginare quel che sarebbe successo. Del senno del poi, recita l’antico adagio, son pieni i fossi. Altro discorso invece è punire chi non ha costruito gli stabili tenendo conto che si era in zona sismica, che andavano adottate le giuste misure di prevenzione, magari anche attraverso un efficace sistema di allerta. Tra l’altro gli eredi delle vittime avevano sottolineato le gravi negligenze nella costruzione degli immobili. Ma è un discorso che appartiene al pubblico più che al privato. Gli abitanti e gli studenti de L’Aquila che colpa ne avevano?
L’Aquila è zona sismica e le scosse sono quasi all’ordine del giorno, come in Giappone. Anche se a L’Aquila non ha preso le misure che si sono prese in Giappone
Ma quello che lascia perplessi è anche il calcolo del concorso di colpa, che - dice la sentenza - «può stimarsi nel 30%», ovvero la misura di cui verrà decurtato il risarcimento danni stabilito. Dunque i cittadini che non hanno abbandonato la loro casa in quei giorni sono colpevoli ma non del tutto. Hanno sbagliato al 30%. E sarebbe interessante sapere qual è l’algoritmo giudiziario che ha portato a quella percentuale. Chi la stabilisce? In base a cosa? Come può il fattore umano essere stimato in percentuale per sottolineare una corresponsabilità? L’imprudenza può essere imputata come una colpa?
E c’era davvero imprudenza da parte dei morti? Tra l’altro i parenti delle vittime, in gran parte studenti universitari, hanno registrato che da parte delle autorità vi erano state molte rassicurazioni. L’Aquila è zona sismica e le scosse sono quasi all’ordine del giorno, come in Giappone. Anche se a L’Aquila non ha preso le misure che si sono prese in Giappone. «La storia è proprio l’opposto, e cioè che questi ragazzi andarono a dormire alle due di notte perché si erano sentiti dire che più “scossette” c’erano, più energia si scaricava. La verità è che furono rassicurati», ha sostenuto la madre di una delle vittime. Questa sentenza verrà impugnata in Appello, naturalmente. Ma resta l’amarezza. Nessuno, nelle sentenze che si sono susseguite da loro, aveva mai evocato il concorso di colpa per quella tragedia.
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