Terra e popoli, se la Storia non insegna

MONDO. Nel prossimo novembre ricorre il 30° anniversario degli accordi di Dayton che posero fine alla guerra in Bosnia. Ma non al conflitto, le cui cause sono tuttora accese: la componente serba ha un progetto di secessione dallo Stato, appoggiato da Mosca.

La dissoluzione sanguinosa della Jugoslavia segnò il ritorno in Europa dei nazionalismi nella forma più grave, etnocentrici e suprematisti. Gli osservatori più competenti di ciò che accadde nei Balcani ci avvisarono: se non contenuto, quel virus disgregante avrebbe intaccato anche la parte occidentale del Vecchio continente e non solo. La radice storica del conflitto fra Mosca e Kiev è della stessa natura: il nazionalismo russo definisce «piccoli russi» gli abitanti dello Stato invaso su larga scala dal 24 febbraio 2022, del quale non riconosce il diritto all’esistenza. Se l’Ucraina verrà smembrata in ossequio ai desiderata del Cremlino e in nome di una qualunque pace, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale i confini di un Paese indipendente e sovrano verranno riscritti. Il Kosovo è nato infatti dentro la Serbia e non per annessione, lo stesso meccanismo che ha determinato il parto del Sud Sudan dal Sudan.

Il discorso di Mattarella

Nel discorso tenuto giovedì scorso all’Università di Marsiglia, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha detto fra l’altro che «negli anni ’30 anziché la cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. Fu questo il progetto del Terzo Reich e l’aggressione russa all’Ucraina è di questa natura». Di conquista e di annessione, di predominio di un popolo che attraverso il voto ha scelto a maggioranza la via dell’Europa, la storia che dovrebbe andare avanti e non a ritroso.

La situazione mediorientale

Ma anche nel Vicino Oriente sono in atto guerre per ridefinire geografia e confini. I piani di annessione della Cisgiordania e di Gaza, l’occupazione di altre aree sul Golan nella nuova e ancora fragile Siria, fanno parte del disegno della «Grande Israele» caro alla destra nazionalista religiosa. La decisione di invadere su larga scala l’Ucraina è stata motivata da Vladimir Putin sulla base di un pericolo percepito, rappresentato dall’ingresso di Kiev nella Nato, non all’ordine del giorno allora e rifiutato oggi in primis da Usa e Germania. Israele invece è in guerra con suoi vicini dalla nascita nel 1948, è prossima a Stati che non ne riconoscono l’esistenza, ha subito l’Intifada dei kamikaze, il lancio di missili degli Hezbollah dal Libano e di Hamas e il massacro del 7 ottobre (1.200 vittime e 250 ostaggi) al quale ha risposto devastando la Striscia di Gaza e uccidendo migliaia di civili, con i sopravvissuti sfollati alla fame, al gelo e privi di cure mediche adeguate. Una reazione gravissima, ben oltre la legittima difesa e che non è servita a raggiungere l’obiettivo dichiarato di annientare Hamas.

Il vecchio ordine mondiale a trazione americana, disegnato dopo il Secondo conflitto mondiale e implementato con la fine della Guerra fredda, è tramontato e viviamo nell’epoca dell’anarchia, abitata da revanscismi e ritorni della storia al passato

Il vecchio ordine mondiale a trazione americana, disegnato dopo il Secondo conflitto mondiale e implementato con la fine della Guerra fredda, è tramontato e viviamo nell’epoca dell’anarchia, abitata da revanscismi e ritorni della storia al passato. Impera l’ideologia incardinata su parole come «terre storiche» (già in uso proprio durante i conflitti balcanici) o «promesse», e la rimessa in discussione di confini senza tenere in conto desideri e aspirazioni di chi abita territori oggetto di violente contese. Per noi europei occidentali cosmopoliti, liberi viaggiatori nell’area Schengen e con voli a basso costo, proprio i confini sono un ferro vecchio di un’epoca tramontata, con l’eccezione dei sovranisti che li brandiscono in opposizione a popoli fuggiaschi indesiderati.

Le frontiere protettive

Ma in altre aree del continente e del mondo le frontiere sono considerate protettive, segnando la distanza fra giovani democrazie in costruzione e dittature, o desiderate per Stati mai nati (palestinesi, curdi, saharawi). Inoltre la crisi della globalizzazione si manifesta anche nel ritorno degli argini come protezione dall’ignoto che genera paura, la terra come sicurezza. Nell’ottobre 2022, intervenendo all’Assemblea generale dell’Onu che approvò con 143 «sì» una risoluzione di condanna dell’annessione del 20% di territori ucraini da parte della Russia, il presidente del Kenya, William Ruto, ricordò che «i confini dei Paesi africani sono stati disegnati dalle potenze coloniali ma se dovessimo metterli in discussione, il continente sprofonderebbe in una guerra diffusa».

Il diritto internazionale non è figlio del «politicamente corretto» ma si è definito dopo il Secondo conflitto mondiale per disegnare un nuovo ordine regolatorio al fine di scongiurare altre tragedie come quella allora appena vissuta. Mattarella a Marsiglia ha ricordato anche che «bisogna proteggere ed alimentare gli organismi internazionali, conservandone i principi ma adattandosi ai fenomeni che il tempo ci pone davanti», altrimenti «il rischio, come avvenuto dopo la Prima guerra mondiale, è che la spinta di nazionalismi, protezionismi, neo feudatari e portatori di interessi, desiderosi di abbandonare gli istituti internazionali, porti a conseguenze nefaste, ben note alla storia». Un monito da prendere sul serio per chi non si rassegna alla logica vigente dei rapporti di forza.

© RIPRODUZIONE RISERVATA