Tacere è come
abiurare il Vangelo

L’incontro è del tutto inedito e segnerà un punto centrale nella storia della Chiesa. Il summit sugli abusi sessuali che si è aperto ieri in Vaticano con i più alti rappresentanti delle Chiese locali di tutto il mondo rappresenta una svolta anche nel disegno della riforma della Chiesa che Papa Francesco sta faticosamente portando avanti. Non si tratta solo di strutture, di tribunali, di norme, di linee-guida, di vademecum.

È chiaro che tutto ciò ha un’importanza fondamentale per la tolleranza zero nei confronti di un crimine abominevole e ieri mattina il Papa lo ha ribadito introducendo i lavori. Ma c’è altro, molto altro. E cioè la trasformazione della Chiesa «verso una più profonda e generosa sequela di Gesù Cristo». Sono parole che padre Federico Lombardi ha scritto sulla prima pagina del sito che dà conto ora per ora di ciò che avviene nel summit, nella più totale trasparenza con anche le dirette via web delle nove relazioni di questi tre giorni. Bergoglio aveva definito tempo fa gli abusi da parte del clero «un sacrilegio», che è molto di più di un tradimento della propria missione.

Sacrilegio è la mancanza di rispetto verso ciò che è degno di venerazione. E cosa c’è di più sacro e degno di venerazione che l’uomo e il corpo dell’uomo immagine di Dio? Ciò che è accaduto con il dramma degli abusi non è altro che una sopraffazione dell’uomo in una forma di brutale disumanità, una profanazione della gloria di Dio che è appunto l’uomo vivente. E se manca la consapevolezza dell’orrore viene meno la sequela al Vangelo di Gesù. Così la Chiesa perde credibilità e la sua missione che è l’annuncio del Vangelo fa naufragio.

Bergoglio ha convocato il summit primariamente perché tutta la Chiesa abbia di ciò consapevolezza. Il dramma degli abusi è scoppiato con forza una ventina di anni fa negli Stati Uniti. E da allora tormenta la Chiesa e si è allargato in tutti in continenti. Joseph Ratzinger già da prefetto della Congregazione della dottrina della fede aveva intuito che se non lo si fosse affrontato con decisione non solo normativa, si metteva a repentaglio la fiducia riposta nel Vangelo dalla gente. Le prime decisioni della tolleranza zero in punta di diritto sono sue, ribadite poi con gli atti del suo pontificato. Non è stato facile per Benedetto XVI agire contro la «sporcizia nella Chiesa».

Nella Chiesa, anche se non dappertutto e non sempre, si è girata la testa dall’altra parte per paura dello scandalo, di perdere potere, denaro e fedeli.

Non tutti hanno sempre percepito la devastante portata di uno scandalo che mina prima di tutto la credibilità della Chiesa. Non lo avevano capito per esempio i vescovi americani. Ratzinger e poi Bergoglio invece non hanno mai deviato né ceduto.

Il vertice di questi giorni conferma tuttavia che la piena avvertenza del dramma manca e che la vera posta in gioco è la fedeltà a Dio. Il summit sta dunque dentro la riforma della Chiesa, perché si tratta di prendere coscienza di una mancanza gravissima nell’annuncio evangelico, in quella forma, direbbe Papa Giovanni XXIII, «che i nostri tempi esigono».

Fuggire davanti al problema, alle vittime, anzi averle bollate spesso come bugiarde, ridicolizzate, ignorate e pagate per il loro silenzio, come è avvenuto, aver taciuto per timore di pubblico scandalo, aver dissimulato il problema significa aver imbrogliato, raggirato addirittura abiurato il Vangelo.

Questi sono i «nostri tempi» di fronte ai quali occorre una rinnovata rivelazione della Parola. È quello che sta facendo, con fatica dovendo anche affrontare qualche cardinale e vescovo riottoso e dubbioso, Papa Francesco. Ieri mattina quei 190 nell’aula del Sinodo hanno avuto modo di immergersi nella tragedia del tradimento della Parola. Hanno ascoltato testimonianze spaventose, toccato le ferite e il dolore che non sono concetti, ma gli esiti reali di condotte criminali antievangeliche. Francesco ha avvisato: «Il popolo di Dio ci guarda e attende da noi non semplici e scontate condanne, ma una misura concreta ed efficace da predisporre».

Ci sarà un Codice per i vescovi, criteri e procedure, protocolli revisionati periodicamente, informazione e più trasparenza. Eppure non è l’unica posta in gioco, perché non serve solo un giudice più severo, ma la rigenerazione dell’annuncio del Vangelo da parte di servi fedeli dello Spirito.

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