Sunak, il voto in contropiede

MONDO. Contropiede alla spagnola. Inaspettatamente Rishi Sunak si è giocato la carta delle elezioni anticipate: il Regno Unito si recherà alle urne il 4 luglio. È la prima volta dal 1945 che si vota in estate.

La mossa del premier conservatore ricorda quella del collega di Madrid, Pedro Sánchez, che, giusto un anno fa, navigava in analoghe acque tempestose e riuscì a ribaltare la situazione con consultazioni nel periodo delle ferie. Sunak parte, però, da una posizione ancora più compromessa. I sondaggi indicano i laburisti al 44% delle preferenze, circa 21 punti avanti ai Tories. Dopo 14 anni di governo i conservatori paiono arrivati al capolinea. I mass media britannici scrivono già di «ripetizione del 1997», quando Tony Blair riportò, dopo tempo immemorabile, i laburisti a Downing Street con una vittoria schiacciante.

Ma «Sunak ha fatto bene i conti?», si sono chiesti molti fra le file del suo partito. All’annuncio delle elezioni anticipate ben 76 deputati conservatori uscenti hanno deciso di non ripresentarsi per un nuovo mandato. E in un sistema maggioritario, come quello britannico – in cui per un solo seggio in palio si lotta nelle 650 «constituencies» (appena ridisegnate dal 2010 per logici cambiamenti demografici) – è un colpo duro da digerire.

Il premier ha preso al volo i dati sull’inflazione e sul Pil migliori del previsto e non ci ha pensato due volte. Spera anche nell’effetto positivo rappresentato dal Campionato europeo di calcio (14/6-14/7), in cui «i bianchi» di Inghilterra sono favoriti per far passare il messaggio che non è tutto nero quello che si vede.

I britannici, tuttavia, sembrano stanchi. Gli ultimi esecutivi conservatori hanno garantito sorprese a non finire (qualcuna non gradita) ad incominciare dalla Brexit, con le successive dimissioni di David Cameron. Per non parlare degli scandali come il «Partygate» con il premier Boris Johnson, impegnato in festini durante il periodo del Covid. O di passi falsi terrificanti come quelli di Liz Truss, premier a Downing Street per soli 49 giorni.

«Vogliamo tornare ad annoiarci» potrebbe essere uno dei motti scelti per il futuro. Basta guardare al poco carismatico leader laburista, Keir Starmer, tifosissimo dell’Arsenal. I suoi fedelissimi si mostrano certi della vittoria, evidenziando che i conservatori «non hanno un Haaland» (il centravanti norvegese del Manchester City) fra le loro fila. Ma Starmer, che ha un programma da centro-sinistra, non è il giovane e aitante Blair del ‘97. Sunak è così già all’attacco, dando battaglia, e non potrebbe fare diversamente. Parteciperà a tutti e 6 i dibattiti pubblici tv previsti. Si consola che non si presenterà alla consultazione l’istrionico Nigel Farange, l’amico di Trump, punto di riferimento del «Reform UK» (nei sondaggi all’11%), compagine spina nel fianco dei conservatori.

Sunak spingerà molto sulla tematica della lotta all’immigrazione clandestina, evidenziando il «Rwanda Bill» (trasferimento in Africa dei profughi) e i successi nel «small boat crossing» della Manica. L’economia sta poi migliorando, il suo messaggio.

Starmer picchierà, invece, duro sul NHL, l’irriformabile e inefficiente sistema sanitario, sulla cancellazione dei privilegi fiscali alle scuole private e sulla lotta all’evasione fiscale.

Gli oppositori ai due maggiori partiti non la mandano a dire: i conservatori hanno «rotto» il Regno; i laburisti lo porteranno alla bancarotta. Vinca chi vinca, l’importante è che, per 5 anni a Londra, vi sia stabilità. Le attuali sfide geopolitiche non permettono all’Occidente troppe sorprese ed incertezze.

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