Sull’Ucraina l’Ue cerca di rientrare in gioco

MONDO. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare… forse è così che hanno pensato i leader britannico e francese, Starmer e Macron, dopo l’umiliazione del presidente ucraino Zelensky venerdì scorso alla Casa Bianca.

Da qui è nato il summit di Lancaster House a Londra dal cui esito si intravede almeno una volontà, più concretamente sostenuta da fatti, di sedere al tavolo del negoziato a fianco degli americani. Resta da vedere se a quel tavolo il presidente americano giudicherà il «chip» europeo utile ai suoi interessi. Il piano europeo (al momento a guida anglo-francese) prevede un rinnovato sostegno finanziario e militare per puntellare Zelensky prima del negoziato. Niente di nuovo in verità, ma i leader europei non intendono lasciare al proprio destino l’Ucraina, pena la condanna della Storia.

La proposta inglese

Da Londra finalmente emerge una proposta europea – ancora ignota – da sottoporre a Trump e che tenga conto degli interessi ucraini, ma Zelensky in qualche modo dovrà «andare a Canossa» e firmare il famigerato documento sulle terre rare. E qui sorge immediatamente un dubbio. Se il presidente americano ha come obiettivo prioritario di indurre Putin ad allentare i legami con Pechino, potrebbe essere pronto a offrire al Cremlino ciò che chiede: neutralità e demilitarizzazione dell’Ucraina, oltre alla sovranità russa sui territori conquistati in tre anni di conflitto.

La «coalizione dei volenterosi»

L’Europa si dovrebbe accodare agli americani su questi punti e, soprattutto, dovrebbe persuadere Zelensky a far buon viso a cattiva sorte. Un po’ arditamente, inglesi e francesi hanno già buttato il cuore oltre l’ostacolo dichiarando di mettersi alla testa di una «coalizione dei volonterosi» che ingaggi truppe sul suolo ucraino a garanzia della pace negoziata. Il premier inglese ha parlato di nuove adesioni nella sua conferenza stampa al termine dell’incontro londinese, ma fin qui sono già state rese note le perplessità tedesche, polacche, spagnole e italiane. Una certezza nelle ultime settimane sembra emersa in tutta la sua cruda realtà: gli Usa non forniranno garanzie di sicurezza degne di questo nome né a noi europei né tantomeno agli ucraini.

Ue relegata ai margini della trattativa

E l’Unione europea? È irrimediabilmente relegata ai margini di ogni negoziato sostanziale, vista l’ostilità esplicitata più volte da americani e russi. Ma finalmente Ursula von der Leyen ha fatto riferimento ad azioni in tempi rapidi per finanziare il riarmo del continente con meccanismi europei o consentendo agli Stati di scorporare dal Patto di stabilità gli incrementi alle spese per la Difesa. Nel rapporto transatlantico estremamente complesso e in rapido divenire, la presidente del Consiglio Meloni ha, in una certa misura, dovuto subire l’iniziativa franco-inglese, visti il peso militare che l’Italia può mettere in campo e qualche riserva nei suoi confronti da parte di altri leader europei.

Il treno Trump-Vance non aspetta

Ma il premier inglese le ha riconosciuto pubblicamente un ruolo e il nostro capo di governo, considerati i suoi rapporti privilegiati con l’Amministrazione americana, potrebbe accreditarsi come il miglior inviato per presentare a Trump il piano europeo una volta ultimato. Gli europei devono capire che il fattore tempo è divenuto centrale: a Washington si ha molta fretta di organizzare un incontro al vertice fra Trump e Putin e mettersi alle spalle rapidamente la questione ucraina. Dal vertice europeo del 6 marzo dovrebbe uscire il Piano europeo e subito dopo si dovrebbero ingaggiare gli Usa. I tempi lunghi di Bruxelles devono ridursi, il treno Trump-Vance non aspetta e il rischio è l’irrilevanza.

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