L'Editoriale
Venerdì 23 Aprile 2021
Sulla crisi climatica
il mondo cambia rotta
Lo scrittore indiano Amitav Ghosh la chiama «La grande cecità». È l’incapacità, fin qui mostrata dall’uomo, di capire l’urgenza di cambiare rotta e tagliare le emissioni di gas serra, che provocano il riscaldamento globale e i conseguenti cambiamenti climatici. La giornata di ieri riaccende la speranza. Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha preso l’iniziativa e ha convocato, nell’occasione della Giornata della Terra, un vertice virtuale, cui hanno partecipato 40 capi di Stato e di governo. Ha offerto il buon esempio, annunciando di raddoppiare, entro il 2030, l’obiettivo americano di taglio delle emissioni: «Siamo risoluti ad agire». Una svolta netta dopo il quadriennio negazionista di Donald Trump, che aveva portato gli Usa, che generano la maggior quantità di emissioni pro capite, fuori dall’Accordo di Parigi firmato nel 2015 da 195 Paesi.
All’incontro di ieri (giovedì 22 aprile ndr) ha partecipato la Cina, grande consumatrice di carbone e, con il suo miliardo e 400 milioni di abitanti, il maggior produttore di emissioni in assoluto: «Nel 2060 saranno azzerate» ha promesso Xi Jinping. È intervenuto anche Vladimir Putin, malgrado le tensioni con gli Usa e l’Occidente, aprendo le porte della Russia, la cui economia dipende dall’esportazione di combustibili fossili, agli investimenti stranieri nell’energia pulita. Dall’Europa Angela Merkel, Emmanuel Macron, Boris Johnson hanno evidenziato la necessità di accelerare gli sforzi globali. Mario Draghi ha avvertito che quanto fatto finora è insufficiente, ribadendo l’impegno dell’Italia, che quest’anno presiede il G20, e ricordando come l’obiettivo prioritario del piano da 750 miliardi dell’Unione Europea sia la transizione ecologica, con investimenti nell’economia circolare e nella mobilità sostenibile.
Il piano non a caso è chiamato «Next Generation Eu». Sulla linea del Grean Deal, presentato nel 2019 da Ursula von der Leyen, l’Europa risponde alla pandemia con il principio «One Health», pensando ai propri figli e nipoti, destinati ad avvertire le maggiori conseguenze della crisi climatica. La salute dell’uomo e dell’ambiente sono una sola, «perché non possiamo fingerci sani in un mondo malato», ammonisce Papa Francesco. «La pandemia – il suo messaggio di ieri – ci ha insegnato questa interdipendenza. Ed entrambe le catastrofi globali, il Covid e il clima, dimostrano che non abbiamo più tempo per aspettare. Che il tempo ci incalza e, come il Covid ci ha insegnato, abbiamo i mezzi per affrontare la sfida. È il momento di agire, siamo al limite». La salvaguardia dell’ambiente è l’unica via per la tutela della salute e per la ripresa, possibile con l’economia circolare, che smuove dalla stagnazione e rilancia l’occupazione con la richiesta di manodopera qualificata.
Gli annunci del vertice di ieri sono di buon auspicio per la Conferenza sul clima in programma a novembre a Glasgow. Ma le parole non bastano. Già il summit del settembre 2019 a New York aveva acceso la speranza. Il segretario dell’Onu, Antonio Guterres, mette in guardia: «Siamo sull’orlo dell’abisso, dobbiamo essere sicuri che il prossimo passo sia nella direzione decisiva e giusta». Greta Thunberg, l’attivista nota in tutto il mondo, è molto severa: «Gli obiettivi sono largamente insufficienti. Siamo già indietro di decenni». Ha ragione Greta: abbiamo perso tempo preziosissimo. Leggete «Perdere la Terra» di Nathaniel Rich: già fra il 1979 e il 1989 il mondo fu a un soffio dal tagliare i gas serra per frenare la crisi climatica, quando riuscì ad accordarsi per eliminare i clorofluorocarburi responsabili del buco nell’ozono. Interessi forti e potenti lo impedirono. Ora è l’ultima opportunità. Non perdiamola.
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