L'Editoriale / Bergamo Città
Sabato 27 Marzo 2021
Sul Mes sanitario
Scontro ideologico
Nuovo premier, vecchie schermaglie sul Mes. Sull’utilizzo del Mes sanitario, che avrebbe consentito all’Italia di assumere già da maggio scorso un prestito di 36 miliardi a tasso zero per spese riguardanti la sanità, abbiamo assistito alla solita contrapposizione ideologica tra le forze politiche. Favorevoli al prestito si sono da subito dichiarati Pd, Italia Viva e Forza Italia, rassicurati dalle ripetute conferme da parte dei massimi esponenti della Commissione europea che il prestito sarebbe stato condizionato solo dal suo utilizzo esclusivo nell’ambito della sanità. Contrari gli schieramenti sovranisti, rappresentati da Lega, Fratelli d’Italia e M5S, i quali hanno sempre sostenuto che sarebbero successivamente intervenuti altri condizionamenti, compresi gli obblighi di rientro dal debito previsti nell’originario trattato di Maastricht.
La netta contrarietà manifestata dal M5S, come forza maggioritaria del governo Conte 2, ne ha bloccato l’utilizzo adducendo anche che l’uso di quei fondi avrebbe dato un segnale di debolezza ai mercati. Quest’ultima posizione, pur destituita di alcun fondamento, ha impedito una serie articolata d’interventi mirata ad affrontare tutte le gravissime carenze sanitarie emerse.
La debolezza della nostra economia e dei conti pubblici, infatti, era già ben certificata dalla valutazione che le attribuiscono tutte le agenzie di Rating (BB-), un gradino sopra il livello «junk-bond», che renderebbe il nostro debito pubblico non acquistabile dai fondi e dagli investitori istituzionali. Si è così affrontata un’intera estate - peraltro in una condizione favorevole di netta decrescita della curva pandemica - senza fare quasi nulla per contrastare una seconda disastrosa ondata di contagi. Nel merito della questione, qualche specifica considerazione va fatta sulle discutibili posizioni assunte dal presidente Conte.
Durante una conferenza stampa alla fine di maggio, in una giornata convulsa sui mercati, con lo spread che toccava i 244 punti e il rendimento dei Bond decennali che sfiorava il 2%, ad una domanda sul perché non fosse stato attivato il Mes rispondeva: «Valuteremo, leggeremo i dettagli e poi porteremo la decisione davanti al Parlamento». Nulla di ciò, come noto, è avvenuto. Del resto, destano ancora più perplessità alcune sue dichiarazioni rilasciate il 18 dicembre scorso nel corso di un’altra conferenza stampa: «Il Mes è un prestito come gli altri e per potere essere assunto occorre che si trovino le corrispondenti coperture». Una risposta evasiva, evidentemente condizionata da pressioni politiche.
Il Mes, infatti, proprio perché è un prestito come gli altri, non avrebbe richiesto alcuna copertura. Il problema non si è posto per il Sure già utilizzato per 15 miliardi e non si porrà per il Next Generation Ue di ben 209 miliardi, che il premier Draghi si appresta a ottenere con l’elaborazione di un apposito piano. Va ricordato, infatti, che fino alla fine del 2022, e probabilmente anche per qualche altro anno, siamo stati esentati dall’osservanza dei vincoli di bilancio stabiliti con il Trattato di Maastricht.
Va detto che lo stesso Draghi ha da parte sua mostrato sul tema un atteggiamento decisamente remissivo. Nel corso di una conferenza stampa, ad una precisa domanda sul Mes ha dato risposta negativa sulla base di due considerazioni: «Allo stato anche gli interessi richiesti per l’emissione di Btp sono vicini allo zero»; «non ha alcun senso attingere ad un prestito se non è stato redatto un programma specifico per il suo utilizzo». Circa il primo punto l’obiezione che sorge spontanea è che mentre i tassi pari a zero del Mes sono assicurati per 10 anni, quelli dei Btp sono soggetti all’andamento del mercato ed è prevedibile che crescano nel tempo.
Lascia ancor più perplessi, poi, l’affermazione che sarebbe assurdo chiedere i soldi del Mes in assenza di un piano opportunamente predisposto. In altre parole, non chiediamo i soldi del Mes perché non sapremmo come spenderli. Il fallimento dell’Italia sta tutto qui e il premier Draghi, rientrato in patria con accoglienza da campione, ha ora il compito e il dovere di fare la differenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA