Strategie adeguate in un mondo cambiato

Fino a quando avremo sotto gli occhi l’orrore della guerra, sarà difficile distogliere lo sguardo dall’angoscioso spettacolo di morte, cui ogni giorno assistiamo. Percepiamo di essere dentro un vortice di cambiamenti, ma fatichiamo a cogliere appieno lo scenario che si sta aprendo sul nostro futuro. A fatica riusciamo ad andare oltre la considerazione generica che «nulla sarà più come prima». Ci è chiaro solo lo sconvolgimento consumatosi nella geopolitica.

L’Europa torna a rivivere il clima cupo della guerra fredda. Si ripresenta una sorta di nuova cortina di ferro a dividere l’Ovest democratico dall’Est autocratico. Non sono pochi, invece, i cambiamenti cruciali che l’aggressione russa all’Ucraina ha introdotto nella nostra vita collettiva, e non solo in quella.

Primo. Scompare l’elemento decisivo che ha assicurato finora all’Europa, e più in generale al mondo intero, la pace. L’arma atomica potenzialmente distruttiva dell’intero globo aveva creato un equilibrio del terrore, fondato sulla sua capacità di deterrenza. Si trattava, sì, di un equilibrio del terrore, ma equilibrio era. Ora non più. Si è visto che il carattere enormemente distruttivo dell’armamento nucleare non basta a spegnere le velleità imperialistiche, oggi della Russia, domani forse della Cina.

Secondo. L’imprevista, strenua, irriducibile resistenza opposta dall’Ucraina all’invasore russo ha smentito la previsione di una facile, scontata vittoria della grande potenza su un Paese più piccolo. Fino alla metà del secolo scorso a vincere era sempre stato l’esercito più forte. Ora si consolida un dato, già emerso nella seconda metà del Novecento, e cioè che non è scontato che basti un esercito più forte ad assicurare la vittoria. Il fattore morale, la convinzione di un popolo di veder messo in gioco il proprio destino può risultare determinante.

Terzo. Nelle guerre ha sempre giocato un ruolo importante il controllo dell’informazione e l’esercizio del suo contrario, la disinformazione. Ora, grazie ai nuovi media (televisione e social network) questo potere si è enormemente amplificato. Le fake news, le notizie false si travestono da fact checking, da eventi reali. Non importa che la versione fornita sia credibile. Quel che conta è scompigliare le carte. Conviene fornire due, tre, anche cinque versioni diverse, anche le più strampalate e prive di alcun vero riscontro. Non è detto che convincano. Basta che riescano a mettere in dubbio le certezze altrui. Lo vediamo nei talk show, in cui anche il più avventato sostenitore di tesi implausibili è messo alla pari di chi argomenta, forte di dati di fatto. Non c’è più una verità. Ci sono solo opinioni in cui uno vale uno. Il caos allora è assicurato.

Quarto. Il mondo della globalizzazione, del libero commercio sembrava confermasse il postulato che dove passano le merci, non passano gli eserciti. Scopriamo ora che gli eserciti passano anche dove passano le merci e che anzi le merci (il gas, il petrolio, i minerali rari, le granaglie, ecc.) sono anch’esse armi.

Quinto. Pensavamo che la politica avesse ceduto il posto all’economia, che le multinazionali fossero più potenti dei governi, che i bilanci contassero più della politica. La domanda di sicurezza, interna e internazionale, rilancia ora di prepotenza il ruolo dello Stato e mette un freno alla globalizzazione.

Sesto. L’Europa ha scoperto di essere nuda. Il vecchio alleato americano può tutt’al più garantirle la solidarietà. Non può, non vuole continuare a svolgere un ruolo di supplenza nella difesa da potenziali aggressori. Insomma, alla sicurezza l’Europa deve provvedere da sé, ben sapendo che la competizione mondiale si gioca ormai tra giganti, tra stati continente. Cina e India fanno quasi tre miliardi di persone: il sestuplo dell’intero Vecchio continente, cinquanta volte l’Italia.

Meglio prendere atto dei cambiamenti di scenario intervenuti e adottare una strategia adeguata, prima che sia toppo tardi.

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