L'Editoriale / Bergamo Città
Giovedì 01 Aprile 2021
Spionaggio russo:
L’italia ora deve scegliere
Lo hanno detto e scritto tutti ma sarà bene ricordarlo: non era mai successo, in Italia e nemmeno in Europa, che un ufficiale russo accreditato presso l’ambasciata venisse colto in flagranza di spionaggio, cioè mentre «acquistava», nel nostro caso dal capitano di fregata Walter Biot in servizio presso lo Stato Maggiore della Difesa, materiale militare coperto dal segreto. Bene ha fatto, quindi, il ministro degli Esteri Di Maio a parlare di «atto ostile». E doverosa è stata l’espulsione di due funzionari russi e la convocazione dell’ambasciatore. Sarà difficile che Mosca, colta palesemente in fallo, possa rispondere in modo adeguato. Se dovesse scegliere una reazione simmetrica, espellendo cioè nostri diplomatici, aprirebbe un conflitto con un Paese come l’Italia che è tra i più moderati nelle relazioni con la Russia.
Se invece dovesse subire e tacere, ammetterebbe ciò che è peraltro evidente: di essere in colpa. E nulla cambierebbe se poi, come recita una terza e non peregrina ipotesi, questo pasticcio nascesse a Mosca e fosse uno sgambetto alle forze che premono sul Cremlino per una distensione con l’Occidente. Sospetto che aleggia, peraltro, anche sul «caso Navalny» e sulle sue grottesche ricadute.
Saranno le indagini a spiegare come un ufficiale di carriera possa tradire il Paese e la propria vocazione per una manciata di euro. E come un servizio esperto come quello russo (non sono loro a eleggere i presidenti degli Usa?) possa farsi prendere così, con le mani nella marmellata. Abbiamo però materia su cui riflettere. Ricordate quanto si scriveva l’anno scorso sui tecnici militari russi arrivati a dare una mano contro il Covid nella Bergamasca? Che erano spie mandate ad agire sulla base Nato di Ghedi? Ecco. Se non fosse bastato a suo tempo Edward Snowden, il colpo dei nostri servizi segreti ci ricorda che lo spionaggio non si fa in divisa e con le fanfare ma nell’ombra e con i soldi. Gli stessi con cui i Paesi occidentali a suo tempo fecero incetta di spie russe, da Litvinenko a Skripal.
Sarebbe soprattutto opportuno fare un pensiero serio sulla realtà delle relazioni internazionali. Per quanto la capacità militare italiana sia più che rispettabile, non sarà ingiusto ritenere che l’interesse dello spionaggio russo sia concentrato più sulle strategie e le operazioni Nato che sulle nostre. È con la Nato che la Russia si confronta ogni giorno, non con l’Italia. Della Nato, però, il nostro Paese è membro, partecipa alle sue iniziative (per citarne solo due legate alla Russia: abbiamo 200 uomini e 57 mezzi in Lettonia e aerei, piloti e personale di supporto in Lituania), ne approva le risoluzioni strategiche (quelle che descrivono la Russia come un nemico da contenere). Per non parlare della Ue e delle sanzioni contro la Russia, sempre rinnovate anche con il nostro voto.
Il premier Draghi ha avuto ragione nel ribadire in Parlamento, prima di insediarsi al Governo, l’appartenenza dell’Italia alla Ue e alla Nato. È quella la nostra realtà. Occorre però che tutti abbiano ben presente che cosa significa al di là delle parole. Dove ci mette. Con chi ci porta a confrontarci. È una caratteristica del nostro Paese riuscire a navigare tra interlocutori diversi. Ma l’attuale temperie politica ci chiede sempre più spesso di scegliere, senza se e senza ma, a priori. O di qua o di là. Non aspettiamoci, quindi, che Paesi come la Russia o la Cina si facciano impressionare dalla pizza e dai mandolini. Se stiamo con i loro avversari, mandiamo i soldati alle loro manovre, votiamo perché siano puniti per le loro azioni, diventiamo anche noi loro avversari. Quindi spiabili. Niente di drammatico ma è bene saperlo. Più utile, certo, che far finta di stupirsi.
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