L'Editoriale
Giovedì 08 Aprile 2021
Spending review
non rinviabile
Secondo i dati del Fondo monetario internazionale, il livello del debito pubblico, (2.587 miliardi di euro), è salito dal 134,6% del Pil nel 2019 al 157,5% del 2020 e si avvia a raggiungere il 160%. Vitor Gaspar, responsabile del Fiscal Monitor del Fmi, sostiene che «il debito è ancora sostenibile, supportato dai bassi tassi di interesse e da una prevedibile ripresa della crescita del 3% nel corso di quest’anno e del 3,5% nel prossimo». Parole che lasciano intravedere come, almeno per il momento, la crisi pandemica non sia destinata ad avere un effetto sul rating dell’Italia (BBB con outlook stabile). Sempre per Gaspar «è essenziale che l’Italia usi le risorse del Next Generation Ue per finanziare progetti di alta qualità che rafforzino le prospettive di crescita, facilitino una transizione verso un futuro verde e digitale e accelerino la riduzione del debito».
Queste previsioni riflettono la situazione attuale nella quale godiamo di massicci acquisti di titoli da parte della Bce e della temporanea sospensione, fino al 2022, dei vincoli di bilancio. Non si può non tener conto, però, di quella che sarà la nostra situazione una volta venute meno tali condizioni, anche se è prevedibile che la crisi pandemica indurrà a un parziale ripensamento dei vincoli stabiliti con il Trattato di Maastricht. In ogni caso, permane la necessità di un forte impegno per la graduale riduzione del debito, che non potrà giovarsi unicamente dalla crescita favorita dagli investimenti che saranno effettuati grazie alle risorse del Next Generation Ue. La crescita dovrà essere sostenuta anche da altre importanti riforme tra cui quelle del fisco, della giustizia e della pubblica amministrazione, più volte richiesteci dall’Europa, sulle quali si è impegnato Mario Draghi nella sua relazione al Parlamento.
La riforma della pubblica amministrazione, in particolare, dovrebbe rappresentare anche l’occasione per riprendere e sviluppare concretamente il tema della «razionalizzazione della spesa». Il perseguimento di questo obiettivo fu indicato per primo dal compianto Tommaso Padoa Schioppa, ministro del Tesoro del secondo governo Prodi, che si propose di sostituire al sistema dei tagli lineari di spesa il metodo della «spending review», con l’intento di realizzare tagli tanto incisivi quanto selettivi della spesa, orientati a eliminare gli sprechi. L’improvvisa caduta del governo Prodi non rese possibile la realizzazione del piano che fu redatto da un’autorevole commissione di esperti ma che non venne preso in considerazione dal successivo governo Berlusconi. Solo con l’avvento del governo Monti fu riproposto come obiettivo prioritario di finanza pubblica la realizzazione della «spending review». Venne conseguentemente nominato come commissario Enrico Bondi che, tra vari ostacoli, realizzò risparmi di spesa per soli 5 miliardi di euro. Nei governi successivi si sono avvicendati altri commissari quali Mario Canzio, Carlo Cottarelli e Yoram Gutgeld, mentre nei governi Conte uno e Conte due il tema è stato sostanzialmente accantonato.
L’orientamento prevalente della politica di non toccare interessi di parte ha fatto sì che negli ultimi dieci anni siano stati realizzati risparmi di spesa per soli 40 miliardi, peraltro utilizzati come coperture di altre spese, anziché per ridurre le imposte o il debito. Oggi - in presenza di un governo di emergenza presieduto da Mario Draghi, profondo conoscitore dei vari meandri della spesa pubblica - ci sono tutte le condizioni perché possa essere riproposta una efficace azione di «spending review», che porti a consistenti risparmi eliminando i tanti sprechi, a partire dalle migliaia di Enti inutili su cui più volte si è soffermata la Corte dei Conti. Un segnale importante in questa direzione può essere considerata la decisione del ministro Brunetta che, incaricato della riforma della pubblica amministrazione, avendo come obiettivo anche la razionalizzazione della spesa, ha nominato come consulente Carlo Cottarelli. Questi sarà senza dubbio in grado di giovarsi della sua esperienza di commissario per la spending review (2013-2014), segnalando gli interventi che aveva a suo tempo proposto e che, se attuati, consentirebbero risparmi di spesa per decine di miliardi.
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