Solo Draghi non si agita
Tranquillità che spiazza

Lunedì 24 gennaio alle 15 i «grandi elettori» del Presidente della Repubblica che risulteranno contagiati dal covid si potranno presentare al parcheggio coperto che si trova alle spalle di piazza Montecitorio in un «drive-in» dove i funzionari parlamentari raccoglieranno il loro voto. E così si risolverà la questione dei tanti che avrebbero potuto mancare la votazione rendendo assai più complicata l’elezione del nuovo Capo dello Stato: il quorum infatti si calcola sugli aventi diritto, non sui presenti, e dunque se in aula ci sono molti assenti diventa molto più arduo raggiungere non solo la maggioranza dei due terzi prevista per le prime tre votazioni, ma anche quella assoluta (505 voti) che serve dal quarto scrutinio in poi.

Che poi sarà proprio quest’ultimo il momento decisivo per capire come andranno le cose. E siccome ci sarà uno scrutinio al giorno (sempre per ragioni Covid) a partire da lunedì, mettiamoci il cuore in pace almeno fino a giovedì prossimo. Sembra infatti impossibile, per come stanno le cose a oggi, a tre giorni dal voto, che si arrivi al «miracolo» di un’elezione plebiscitaria al primo colpo, tipo Cossiga nel 1985 (regista De Mita) e Ciampi nel 1999 (registi Veltroni-D’Alema). Dopo che la carta Berlusconi è stata riposta – anche se non ancora formalmente ma nella sostanza è così – si tratta di capire cosa farà il centrodestra che Salvini, l’affondatore della candidatura del Cavaliere, promette che sarà comunque «unito» su un nome «condiviso», e nel frattempo ha incontrato a sorpresa anche Giuseppe Conte. Intanto Berlusconi ha deciso che non verrà a Roma e che farà sapere la sua posizione solo domenica sera, cioè alla vigilia del voto.

Chi indicherà? Molti escludono che dichiari la propria preferenza per uno del centrodestra («O io o nessuno», con la possibile eccezione per Gianni Letta), altri pensano che si possa esprimere per Mario Draghi. Sul quale convergono Enrico Letta, Giuseppe Conte (convinto da Di Maio anche grazie al fatto che Grillo, contrario a «Super-Mario», è in condizioni di non influire causa iniziativa giudiziaria) e Roberto Speranza. Anche se non è chiaro se e quanto i loro gruppi parlamentari li seguiranno in questa indicazione. I deputati e i senatori hanno una sola ossessione (che nel M5S sta diventando uno psicodramma): che l’elezione del nuovo Capo dello Stato non porti alla fine della legislatura e a nuove elezioni politiche (che equivale a uno sterminio per la maggioranza di loro), e la salita al Colle di Draghi comporta proprio questo rischio: chi andrebbe a palazzo Chigi al posto suo?

Chi sarebbe in grado di reggere l’attuale maggioranza, tanto vasta quanto eterogenea, senza il suo prestigio? Certo non un tecnico, occorrerebbe un politico. Ed è questo il punto su cui si impunta Salvini: il suo «no» a Draghi è direttamente collegato alla richiesta di un accordo soddisfacente per il governo. Il leader della Lega ha intenzione di giocare una sua partita da «regista» che finora gli è stata impacciata dalla presenza della candidatura berlusconiana (la cui iniziativa non è certo finita qui) e deve lavorare più di altri sul doppio tavolo del Quirinale e di Palazzo Chigi. In tutto questo agitarsi, ciò che colpisce è la tranquillità di Mario Draghi il quale continua il suo lavoro di presidente del Consiglio (alle prese con il caro-bollette e le regole Covid) proseguendo in un suo personale giro di consultazioni che lo ha portato ad incontrare Mattarella, Cartabia, Fico (mentre Gianni Letta è andato a farsi ricevere dal capo di gabinetto) e chissà quanti altri. Fa pensare, questa attività imperturbabile, al tono con cui ieri il Financial Times scriveva: Mario Draghi sarà un ottimo presidente della Repubblica. Sarà il caso che qualcuno lo dica ai 1.009 convocati di Montecitorio.

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