Sindacati e partiti, necessità di innovare

ITALIA. C’era una volta «il» sindacato, ma oggi sono tornati «i» sindacati. E non solo perché le sigle minori si moltiplicano ma perché la famosa «triplice», non più collaterale ai partiti di massa del Novecento, tende sempre più a divergere sui grandi temi della nuova realtà sociale.

E se il discrimine non è più tra sinistra e destra, può accadere che la necessità di innovare finisca per spiazzare rendite di posizione un tempo granitiche. Il referendum di giugno sul jobs act affida ad esempio alla promotrice Cgil un ruolo di conservazione del bel tempo antico (compreso il dinosauro dell’art. 18) che Landini rifiuta, ma che la Cisl, con la sua freddezza, mette in spietata evidenza. I partiti, dal canto loro, non stanno a guardare e il loro rapporto con il mondo del lavoro conosce nuove frontiere. Proprio in questi giorni, è iniziato un tour parallelo ma separato, dei «progressisti» a 5 stelle e del Pd, ai cancelli di molte fabbriche italiane. Avendo finalmente capito a sinistra che ci sarà pure una ragione perché i ceti popolari votano a destra, si apre una corsa concorrenziale a dimostrare chi è davvero dalla parte dei lavoratori. I sindacati in questo sono tagliati fuori e le loro avanguardie dentro la politica segnalano disagio.

I temi sul tavolo

Significativa l’uscita dal Pd, per andare con Renzi, di una brillante ex segretaria Cisl come Annamaria Furlan, che era stata eletta in Parlamento sotto le insegne democratiche e che ora dichiara persa la battaglia interna di un partito senza linearità sui temi del lavoro. Le ragioni che Furlan adduce sono proprio quelle che dividono il mondo sindacale in questa vigilia referendaria: jobs act, ma anche salario minino e nuova legge sulla partecipazione alla gestione delle imprese. Temi laceranti per il Pd che insegue Landini, ma non può dimenticare di aver votato unanime per una riforma del lavoro che arrivava dopo un lungo percorso avviato dalle coraggiose innovazioni di un esperto vero come Tiziano Treu (governo Prodi) e razionalizzate infine da Matteo Renzi in un quadro organico che comprendeva ad esempio un tema di alta qualità sociale come impedire le dimissioni in bianco delle lavoratrici madri.

Il referendum e le speranze del Pd

Schlein sembra aver lasciato libertà di coscienza (in politica estera è già stata ragione di penoso caos) ma in realtà spera che alla fine il quorum non si raggiunga, con le sue fastidiose conseguenze

Sulla questione referendum, Schlein sembra aver lasciato libertà di coscienza (in politica estera è già stata ragione di penoso caos) ma in realtà spera che alla fine il quorum non si raggiunga, con le sue fastidiose conseguenze, e quindi non si abroghi una legge che è all’origine di una flessibilità che ha fatto crescere l’occupazione a livelli mai visti, unico dato macroeconomico positivo per il governo ora in carica, a cui i democratici lasciano quindi meriti che non vogliono riconoscere al loro ex segretario. Eppure, dal 2014 al 2025 gli occupati sono 1,8 milioni in più, con numeri incredibili a Bergamo. Sta di fatto che la Cisl appare più movimentista e aggiornata della Cgil e della trainata Uil. La nuova segretaria Daniela Fumarola ha idee chiare, alternative alla spallata referendaria a favore della qualità del lavoro e della capacità di generare valore aggiunto e salari migliori. Altro che articolo 18, peraltro abolito senza i drammi annunciati, visto che i lavoratori a tempo indeterminato sono saliti da 14 milioni a 16,4. Anche la legge di iniziativa popolare, di ispirazione Cisl, sulla partecipazione (gestionale, organizzativa, finanziaria, consultiva) dei lavoratori, pur già fortemente frenata dal Governo, può essere criticata, ma non in chiave ideologica come fa Landini, come se fosse uno sfregio alla «benemerita» lotta di classe di antico stampo.

Il salario minimo e la linea Sul salario minimo, infine, c’è continuità con l’antica impostazione a favore della contrattazione, che è stata sempre la linea della triplice ma anche di Confindustria, ora abbandonata a sinistra per favorire (?), caso raro, il fu campo largo. In questo contesto generale uno strumento per sua natura drastico come il referendum non aiuta certamente a promuovere un clima migliore nel mondo del lavoro.

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