Si vota, cautela con il fisco

Il fisco è da sempre il protagonista involontario delle campagne elettorali. Sarebbe materia da maneggiare con cura, ma è troppo forte la tentazione di sventolare bandierine. La Costituzione vieta il referendum in materia fiscale, ma non si può certo vietare il tema nei programmi dei partiti. Bisognerebbe solo che gli elettori potessero verificare il grado di serietà delle proposte: sarebbe un incentivo almeno a non spararle troppo grosse.

Due anni fa, le Commissioni parlamentari competenti hanno convenuto su un punto apprezzabile: per cambiare il fisco occorre una visione unitaria. Basta con le proposte spot, per far colpo e accontentare questi o quelli. In due anni di lavoro, la tela è stata costruita ed era ancora possibile tradurla in una delega attuativa. Tutto da rifare, dopo la caduta di Draghi. Nel frattempo, é arrivato il Pnrr, che ha nella riforma fiscale il capitolo forse più importante.

Quando si parla di fisco, bisognerebbe chiedere a chi si alza il mattino e schiocca le dita di una nuova promessa, se è compatibile con le linee del Pnrr. Onore all’onestà intellettuale della Meloni che prevede infatti di «rinegoziarlo». Sarà difficile, soprattutto se al tavolo ci sarà lei e non Draghi, ma questo é un altro discorso.

Prendiamo la flat tax. È in corso una gara tra Salvini, che l’ha sempre propugnata e Berlusconi che cerca di batterlo con aliquote sempre più accattivanti. Nulla vieta di introdurla in Italia, anche se esiste, guarda un po’, solo in Russia (13%) e in Ucraina (15%), ma da noi bisognerebbe rimodulare tutto il sistema complessivo. Tutto da raccontare come trovare i 15 miliardi iniziali della proposta Salvini e i 30/50 della Berlusconi, ma in campagna elettorale non si bada a questi dettagli. Se Letta, con il suo finanziamento di una paghetta ai giovani prevede una sostanziale patrimoniale, la cosa assomiglia infatti ad un autogoal.

Certamente non amichevole con il Pnrr è un’altra delle sirene elettorali: la cosiddetta pace fiscale, che sarebbe più onesto verso i contribuenti che hanno già pagato, chiamare condono. La cosiddetta rottamazione, che va avanti dal 2016, e che già rinuncia a interessi e sanzioni, doveva fruttare 53 miliardi, ma ne mancano 35. Nell’ultimo saldo e stralcio lo Stato si aspettava 1,3 miliardi, ma sono arrivati solo 700 milioni. I beneficiari potenziali non fanno fatto neanche la domanda, tanto ci sono le elezioni. Per il pacifista Salvini è un atto di guerra contro i cittadini ricordare che è ora di pagare. Il Pnrr parla esplicitamente di questo e chiede di spedire almeno 2,5 milioni di lettere di sollecito, mettendo a bilancio per questa voce un 15% di gettito in più. Se non si fa, significa non incassare la prossima tranche di versamenti europei. Quando questo accadrà, giù piagnistei contro l’Europa cattiva. La ruota delle recriminazioni gira sempre.

Dell’evasione fiscale si può parlare in vari modi, in genere attribuendola agli altri. Il Pnrr è più concreto e preciso. Chiede che entro il 2024 sia ridotto di 3 punti al 15,8% il differenziale tra le entrare attese e quelle effettive. Il totale farebbe 99 miliardi, ma per il momento basterebbero 12 miliardi. Tra il 2014 e il 2019 i governi dell’epoca lo hanno ridotto di 4,1 punti, ma ora ci sono i comizi e chi lo racconta agli elettori?

Del resto, anche l’elogiato governo Draghi ha toppato, con la discutibile tassa sugli extraprofitti che per ora ha dato ben 9 miliardi in meno, peraltro già erogati per aiuti vari, evitando scostamenti di bilancio. Se il cattivo esempio viene dall’alto (riguarda grandi imprese energetiche) non si scandalizzino però tutti gli altri. Statisticamente, la metà degli italiani non paga nulla, 14 milioni di contribuenti dichiarano meno di 3.750 euro lordi l’anno e 26 milioni di italiani pagano il 2,31 dell’intera Irpef. Se a questi cittadini si applicasse la flat tax Salvini o Berlusconi sarebbe una stangata. Chi dichiara fino a 11mila pagherebbe il 200% in più, chi arriva a 17.600, il 72% in più, chi arriva a 23mila il 29% in più. Salti di gioia sopra i 30mila: meno tasse per il 22% e champagne sopra i 50mila: meno 43%.

Prima del voto, controllare per favore, chi lo spiega bene nei comizi.

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