L'Editoriale
Martedì 14 Aprile 2020
Si cerchino soluzioni per i popoli
non per le economie
La pandemia ha messo tutto allo scoperto e ha certificato con un timbro drammatico che se si continua così, in pratica se si stenta a fare l’Europa, l’Unione va a gambe all’aria. Invece l’unica soluzione è rafforzarla e scioglierla dalla morsa di un orizzonte che sempre più appare angusto. Con la chiarezza che lo contraddistingue lo ha detto solo il Papa nel messaggio di Pasqua «Urbi et Orbi». Bergoglio ha sottolineato una cosa semplice e di buon senso e cioè che esiste un concetto di Europa indispensabile che oggi è messo alla prova dei fatti.
Insomma o si fa l’Europa tutti insieme o veniamo tutti insieme travolti. Ecco l’esortazione cruciale, che ha il sapore dell’ultimo appello: «Non si perda l’occasione di dare ulteriore prova di solidarietà anche ricorrendo a soluzioni innovative».
I punti principali sono due:
l’ «ulteriore prova» e le «soluzioni innovative». Francesco fin dai primi mesi del pontificato ha insistito su due cose e cioè da una parte i limiti della globalizzazione e dall’altra la necessità di un nuovo equilibrio internazionale. Ha detto che l’architettura del neoliberalismo con tutti i suoi aggiustamenti teorici alla prova pratica non regge. La «casa comune» non sta in piedi, ha detto e scritto ripetutamente Bergoglio, per via di troppi egoismi e particolarismi. Anche in Europa. Invece l’Europa indispensabile deve liberare lo sguardo verso il futuro, essere più creativa, non più bloccata dall’incertezza e dall’incoerenza di concepirsi come equilibrio di lobby nazionali. Bruxelles non deve essere il luogo dove i Paesi negoziano i propri affari.
Oggi il virus costringe drammaticamente e in fretta a correggere le euro-anomalie. È vero, le ultime elezioni hanno contenuto il rischio degli egoismi, ma il problema non è stato risolto. Così dall’asse franco-tedesco, siamo passati a quello tedesco-olandese. L’Europa indispensabile dove superare la politica degli assi e globalizzare l’idea di Unione, arrivando finalmente ad un vero governo europeo.
Il primo passo è quello di mettere in comune le ingenti spese causate dalla crisi attuale e non affatto di mettere in comune i debiti passati. Se si chiamano «eurobond» o in altro modo non importa. Basta, avverte il Papa, che siano soluzioni in grado di rispondere alla sfida epocale. Ma per pensare a soluzioni innovative, come per esempio una sorta di addizionale Iva europea che potrebbe immediatamente assicurare risorse, occorre che l’Europa sia governata da un governo e non da una sorta di «non-governo», dove sotterfugi, ricatti e veti limitano la governance o nel migliore dei casi la circoscrivono. Il sistema è troppo lento e così da una parte le spinte nazionalistiche interne bloccano ogni innovazione e dall’altra i guai della globalizzazione uccidono l’Unione. Finora è andata così.
Ma la pandemia ha fatto suonare al Papa la campanella l’ultimo giro. Il suo ragionamento ha impressionato. Pochi tuttavia stanno pensando in queste ore a cosa sta scritto nel Manifesto di Ventotene: «Un’Europa libera e unita è premessa necessaria al potenziamento della civiltà moderna». Al tempo del virus queste parole acquistano un significato più doloroso e dovrebbero inquietarci. Se l’ Europa si arena, inciampa, cade e si ripiega sugli egoismi, sbaraglia la solidarietà e la civiltà e le crepe della casa comune si allargano.
Francesco ha avvertito: bisogna cambiare paradigma e smetterla di consolidare il patto degli egoismi. Non è solo un problema di finanza diversa. Certo il denaro deve servire e non governare, ha detto più volte Bergoglio. È anche un problema di dignità aumentata di noi cittadini europei. L’Europa indispensabile è un esempio al mondo intero. La pandemia, s’è visto, non ha confini.
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