Se Francia e Germania ci lasciano all’angolo

Mondo. Giorgia Meloni ha misurato anche ieri a Bruxelles durante il vertice con Zelensky quanto in Europa sia difficile restare in prima fila accanto a Germania e Francia.

I motivi di amarezza si sono accavallati negli ultimi giorni, culminando nella cena organizzata mercoledì per Zelensky da Macron alla vigilia del Consiglio europeo, cena cui è stato invitato Scholz e non Meloni. Zelensky veniva da Londra e prima ancora dagli Stati Uniti per proseguire, dopo Parigi, verso Bruxelles: Roma non pervenuta. La diplomazia italiana sperava che si potesse rimediare almeno con un bilaterale ufficiale ieri a Bruxelles, anzi Palazzo Chigi mercoledì sera – in contemporanea con la cena all’Eliseo – lo aveva fatto filtrare ai giornali: niente da fare. Meloni è stata ricevuta insieme ad altri quattro leader Ue. Fortunatamente i diplomatici sono riusciti a trovare un rimedio dell’ultimo minuto: sempre il governo italiano ci fa sapere che «su richiesta di Zelensky» si è svolto a margine del meeting di gruppo un incontro a quattr’occhi (in piedi, pare di capire) con la premier italiana. «Incontro lungo», si precisa. Con foto sorridente da esibire al mondo: «continueremo ad aiutarvi» ha detto lei; «grazie, ci contiamo» ha risposto lui. Fine.

Mentre da Roma le opposizioni addentavano i polpacci della premier parlando di «Italia isolata» e mostrando impietosamente le foto di Draghi seduto accanto a Scholz e Macron in tante passate occasioni, Meloni se la prendeva direttamente con Macron, definendo «inopportuno» il suo incontro separato a cena con Zelensky, sospettando «ragioni di politica interna» francese, e invocando «unità e compattezza europea». Si materializzava così in quel momento l’incidente diplomatico: «Non ho niente da commentare» rispondeva gelido Macron ai giornalisti, «solo che Francia e Germania hanno un ruolo particolare».

Che l’Italia evidentemente non ha: siamo in serie B? Certo è proprio quello che hanno voluto far capire i due ministri dell’Economia di Parigi e Berlino che sono andati da soli a Washington a parlare del piano antinflazione Usa. A chi insisteva sull’assenza del loro omologo italiano Giorgetti, risposta altrettanto gelida dei due: «Lo informeremo».

È un isolamento che sa tanto di punizione: l’ennesimo scontro con la Francia, ora sull’Ucraina ma prima ancora sull’immigrazione; le richieste ignorate di palazzo Chigi di cercare una certa parità sugli aiuti statali alle imprese che la Germania può fare a piene mani e noi no; il «no» alle proposte di un fondo sovrano per la competitività e di maggiore flessibilità nell’utilizzo dei fondi Ue; la freddezza verso l’ambizione dell’Italia di essere «l’hub energetico dell’Europa» con le condutture di gas che dal Nord Africa passano per il nostro territorio e salgono su… insomma, sono tutti capitoli di una certa difficoltà che il governo di centrodestra sta incontrando e su cui francesi e tedeschi calcano la mano. E pensare che tutto era cominciato abbastanza bene quando Meloni, appena giurato da presidente del Consiglio, era andata a Bruxelles a garantire che i conti pubblici sarebbero rimasti sotto controllo. Altrettanto bene la collocazione filo-Ucraina senza tentennamenti di Meloni nonostante i rapporti di FdI con Orban, unico premier al Consiglio europeo a non applaudire Zelensky, e nonostante i dubbi di filoputinismo di parte della maggioranza. Ora siamo abbastanza sott’acqua ma anche quella franco-tedesca è una tattica di corto respiro: l’Italia – per quanto Paese indebitato, militarmente secondario, politicamente instabile – è pur sempre uno dei grandi dell’Europa, e difficilmente lo si può trattare come il Lussemburgo.

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