Scalo merci, un’attesa che dura da 33 anni

ITALIA. Dica 33. Dove eravamo rimasti? Facile, fermi. E lo conferma anche l’aggiornamento sulle infrastrutture nella Bergamasca elaborato dal Tavolo Bergamo 2030.

Il polo intermodale resta la priorità del territorio bergamasco ma lo è da qualcosa come 33 anni, appunto, dalla data di fondazione della Sibem, acronimo di «società per l’interporto di Bergamo e Montello»: nata nel 1991 e liquidata nel 2013 stante l’impossibilità di realizzare l’infrastruttura in loco. Da quella data in avanti il tabellino segna una certezza, anzi due: lo scalo merci a Bergamo ha chiuso battenti e binari lo scorso settembre e l’iter per un nuovo polo intermodale in quel di Cortenuova segna il passo. Per farla breve è fermo (anche) nell’attesa di capire se l’opera sia d’interesse nazionale, il che sposterebbe l’orizzonte della decisione su un piano più ampio di quello locale.

Ma è qui che si sente più che altrove (e non potrebbe essere diversamente) l’assenza di una piattaforma fondamentale per un sistema produttivo come quello bergamasco che da sempre compensa con un’altissima dose d’innovazione le carenze infrastrutturali del territorio. Dove qualcosa si sta muovendo, ed è lo stesso documento del Tavolo Bergamo 2030 a rilevarlo: del resto è indubbio che da opere come la quarta corsia dell’A4, il sistema delle tangenziali, il raddoppio ferroviario Bergamo-Treviglio e l’ampliamento dell’aeroporto siano conseguiti benefici per il territorio. Sia per il mondo produttivo, ma prima ancora nella quotidianità della gente: poi come ogni cosa tutto è perfettibile, ma se la Bergamasca è collegata con un’ora di volo a mezza Europa è grazie a Orio, se non si è più fermi in coda dal casello di Bergamo a quello di Milano senza soluzione di continuità (perché è questo che succedeva) è per la quarta corsia. Poi il problema in realtà si ripropone alla barriera est, ma è un altro discorso.

E se in una linea di continuità vanno registrati i numerosi cantieri aperti soprattutto sul versante della mobilità collettiva (treno per Orio, E-Brt, tram T2, ma anche la nuova stazione ) e in attesa di capire cosa sarà del collegamento autostradale tra l’hinterland e la Bassa, il vero nodo da sciogliere resta «uno scalo merci adeguato alla logistica internazionale». Perché è questa la dimensione dove si muove il mondo produttivo bergamasco.

Una prospettiva già evidenziata 6 anni fa nel documento che individuava le priorità infrastrutturali di un territorio che continua a brillare per dinamismo. Lo comprova il sorgere continuo di poli logistici proprio nelle vicinanze di quell’asse Brebemi-ferrovia dove insiste anche Cortenuova: un fenomeno talmente veloce da rendere necessaria una Valutazione integrata territoriale, come proposto dal Tavolo (il tema è stato attentamente approfondito dall’Università di Bergamo), uno strumento utile ai Comuni per decidere bene il da farsi.

Ma il problema vero è che il tempo passa molto più velocemente di qualsiasi analisi e iter burocratico, tanto più in un sistema malato di elefantiasi come quello italico, dove a ogni passaggio il capitolo delle complicazioni si gonfia sempre di più. Difficile pensare che un polo come Cortenuova, su un asse come quello della Bassa, in diretta connessione con l’operoso est e il porto di Genova non possa venire considerato d’interesse nazionale, diversamente nella compagine che ci sta lavorando non ci sarebbe un primario operatore mondiale come Msc . Quindi chi può (deve) batta un colpo. E tra le opere ritenute importanti dal Tavolo c’è anche quella «Nuova Cremasca» che di fatto avvicinerebbe l’Interporto all’aeroporto, intercettando così i nuovi assetti di un territorio che da anni sta facendo i salti mortali per rimanere competitivo. E che aspetta risposte, perché quell’orizzonte del 2030, stella polare del Tavolo di confronto è praticamente qui, tra solo sei anni. Prima di domani.

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