Salvini ai ferri corti
con grillini e magistrati

Il caso dei 47 migranti a bordo della Sea Watch3 alla fonda di fronte alla costa siracusana ha di nuovo acuito le contraddizioni della politica migratoria: la linea dura del governo sui porti chiusi e le relative contestazioni politiche, le proteste delle associazioni umanitarie, il ruolo delle Ong, l’intervento della magistratura che intima di far sbarcare i minori, lo scontro con gli altri Paesi della Ue, e naturalmente il concreto dramma dei migranti in mare in cerca
di un porto sicuro. In tutto ciò, la situazione si complica ulteriormente perché il principale «motore» politico di questa situazione, Matteo Salvini, si trova nella condizione di indagato da parte del Tribunale dei Ministri di Catania che ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere contro di lui, senatore e ministro dell’Interno, per rispondere dell’accusa di aver abusato dei propri poteri costringendo i migranti a bordo della nave «Diciotti» a restare a bordo per giorni (poi fu trovata una soluzione grazie alle strutture religiose).

Con il caso Sea Watch3 è probabile che le accuse si rinnovino visto che Salvini mantiene fermissimamente la stessa linea. Non solo, il vicepremier ha ingaggiato con la magistratura un duello che ricorda i bei tempi andati della Seconda Repubblica: ha contestato ai giudici la loro stessa iniziativa, ha detto che non può essere un tribunale a decidere qual è la linea politica del governo, ha rivendicato la giustezza e la legittimità del proprio operato, ha annunciato che fin quando sarà ministro seguirà la stessa linea: «Porti chiusi». E se ai magistrati non va bene «si facciano eleggere». Come si capisce, lo scontro è frontale e apre una prospettiva inquietante di conflitto tra poteri dello Stato. Non solo.

La richiesta dei magistrati mette la maggioranza in tensione: i Cinque Stelle saranno chiamati a votare a favore o contro la richiesta di autorizzazione a procedere. La circostanza non è determinante numericamente perché il centrodestra ha già fatto sapere che voterà contro, e dunque la richiesta sarà respinta. Ma ciò non toglie che la discussione dentro il M5S non sarà facile: i grillini teorizzano da sempre che l’autorizzazione a procedere va data sempre. Per Salvini cosa faranno? Di Maio – che comunque è allineato con la Lega sulla linea di chiusura dei porti – ha già deciso, si voterà «no»: è ovvio, se non facesse così il governo salterebbe dopo due minuti. Ma questo orientamento, per quanto obbligato, sta già creando non pochi malumori nel M5S sia sotto il profilo di un principio che viene rinnegato in nome della realpolitik, sia perché nei confronti di Salvini cresce da tempo la tensione. I motivi di frizione sono tanti: abbiamo appena passato il «caso trivelle» ma gli scontri aumenteranno quando il leader leghista andrà a Chiomonte di fronte ai cantiere della Tav per dire – qualunque cosa pensino i grillini – che l’opera va completata. E, per tornare alla linea sui migranti, questa non viene digerita facilmente da militanti e dirigenti del movimento, soprattutto tra quelli che si riconoscono nelle posizioni del presidente del Senato Roberto Fico. «Stanno venendo al pettine le contraddizioni e sono troppe», è una frase che i giornali ieri hanno attribuito a Salvini durante uno sfogo con i collaboratori. Anche l’«incidente» che ha ancora rimandato l’approvazione del provvedimento sulla legittima difesa non è parso affatto casuale. E adesso ci sarà questo voto sull’autorizzazione a procedere. Da qui a maggio, quando voteremo per le europee, c’è da aspettarsi un crescendo di polemiche e incertezze.

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