L'Editoriale
Domenica 05 Luglio 2020
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dibattito ideologico
Sul Mes è stato già detto tutto, e speriamo che si sia capita la sostanza. Chi lo vuole, vede la grande occasione di rovesciare sulla sanità italiana, stravolta dalla prova Covid, quasi 37miliardi europei, subito spendibili (per far cosa nessuno se ne occupa), senza altre condizioni e persino con un costo del prestito dello 0,8%, forse anche meno. Chi è contrario, non si fida dell’Europa (cioè di sé stesso) e vede una «trappola» di condizioni future che in verità nessuno potrebbe imporci a posteriori. Secondo questa tesi, meglio affrontare gli immensi problemi della sanità emettendo altro debito nostro, sovrano. Ai costi più recenti, quasi 5 miliardi di interessi. Soldi buttati via. Inutile dunque insistere su un dibattito che è solo ideologico. Per gli avversari, il Mes è un feticcio, non un trattato che abbiamo sottoscritto: 2012, governo Monti, voto favorevole di tutti, Meloni inclusa e Lega esclusa (allora al 4%). Altro che Mes. Quella che non piace è l’Europa, la comunità di cui facciamo parte come terzo Paese su 27.
Ma proviamo per azzardo intellettuale a seguire nel loro ragionamento gli avversari del Mes, ipotizzando lo scenario più catastrofico, e cioè l’impossibilità nostra di restituire il capitale ricevuto. È chiaro che un caso del genere è un estremo, frutto di ben altro, non solo di questi 37 miliardi di debito, visto che siamo velocemente avviati a quota 3,000. Se non saremo in grado di fronteggiarlo, vorrà dire che saremo già falliti e allora si, dovremo andare a Bruxelles con il cappello in mano. Santa Europa provvederà, usando proprio il Mes prima edizione. Faremo «come la Grecia», che è sempre evocata come uno spettro, e come alcuni altri Stati meno parolai del nostro. Ma distinguiamo bene. Per la Grecia ci sono state lacrime e sangue per dipendenti pubblici e pensionati, sono stati svenduti porti ed aeroporti, ma oggi – estate 2020 – il debito greco è collocato meglio di quello italiano. Quanto agli altri Stati, hanno ricevuto aiuti Spagna, Portogallo e Irlanda. Oggi godono di un’economia pubblica più solida e alcuni, come Lisbona, hanno fatto piccoli miracoli. Capiamoci bene. Se uno Stato arriva al punto di falsificare i bilanci come ad Atene o di dilapidare la sua potenza economica (seconda manifattura, risparmi privati imponenti) come capiterebbe a noi nel caso estremo ipotizzato, sarebbe anche giusto che arrivasse una troika a metterci in riga. Perché mai sarebbe ingiusta e inaccettabile una sanzione ad un Paese che continuasse a vivere al di sopra dei propri mezzi, distribuendo sussidi e redditi solo perché promessi nei comizi? Se insistiamo a spiegare al mondo che va bene così: pensioni interamente coperte da contribuiti solo dal 4% dei pensionati (la Fornero ha spostato l’equilibrio tra oltre 20 anni), tasse evase per centinaia di miliardi, regali respinti sdegnosamente come se fossero il cavallo di Troia, sarebbe cosa riprovevole oppure no?
Ci dovremmo indignare del contrario. È uno scenario estremo, ripetiamo. Con un po’ di banale buon senso Zingaretti e Crimi potrebbero risparmiarci almeno la brutta figura. Ma soprattutto, gli anti Mes evitino almeno di contraddirsi. Il Mes non va bene perché è una trappola indimostrabile di future richieste, mentre va bene il Recovery che potrebbe portarci 172 miliardi un po’ a debito e un po’ a fondo perduto. Ma il bello è che il Mes è oggi e senza condizioni, il Recovery, se va in porto, è domani e con molte condizioni. Sono necessarie – lo scandiamo bene – riforme, ed ancora una volta è giusto così, perché altrimenti diamo ragione ai Paesi cosiddetti frugali, che non capiscono perché anziché di riforme ci stiamo occupando, senza risolverle mai, di cose come la semplificazione burocratica, la riduzione dei parlamentari, la legge elettorale, la maniera di castigare i Benetton e di buttare altri 3 miliardi nella fornace Alitalia.
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