L'Editoriale
Venerdì 29 Novembre 2019
Salva-Stati, pasticcio
che l’Italia pagherà
Presto il governo italiano dovrà esplicitare la sua posizione finale sul nuovo fondo salva-Stati chiamato Mes (Meccanismo europeo di stabilità). Il 4 dicembre, alla riunione dell’Eurogruppo, il ministro dell’Economia Gualtieri dovrà pronunciare un sì o un no al testo in vista del Consiglio europeo del 12 chiamato a ratificarlo. Testo, beninteso, che è frutto di una lunga trattativa cominciata quando a Palazzo Chigi c’era come ora Giuseppe Conte ma con alleati diversi: la Lega al posto del Pd.
Conte come Gualtieri e, prima di lui, il professor Tria hanno partecipato alla discussione tra partner, hanno convenuto sulle varie bozze, sono arrivati ad un punto in cui il testo è sostanzialmente «inemendabile». Il Parlamento potrà dire solo un sì o un no, non proporre modifiche.
Ebbene, tutto questo per Matteo Salvini e Giorgia Meloni è «alto tradimento» da parte di un presidente del Consiglio che «si dovrebbe dimettere» ma anche «cercarsi un avvocato» per aver nascosto al Parlamento la reale portata delle intese europee fortemente dannose, a loro dire, per gli interessi degli italiani. Nel frattempo Lega e Fratelli d’Italia si appellano a Mattarella perché si faccia sentire e fermi il governo. La stessa posizione di Forza Italia.
Da una parte c’è chi dice (Conte, Gualtieri, il Pd) che il meccanismo serve proprio a salvare lo Stato europeo in difficoltà secondo una logica solidaristica che punta a salvaguardare le banche e i risparmi dei cittadini. Dall’altra invece si schiera chi pensa che quel meccanismo serva soprattutto a strozzare lo Stato che chiede aiuto, un po’ come si è fatto con la Grecia, isolandolo dall’area euro come si isola un’infezione. Il problema per chi guarda da fuori è che le posizioni si sono modificate negli ultimi mesi a seconda della collocazione politica. Esempio: il Pd, dall’opposizione, considerava il Mes qualcosa di molto negativo per i nostri risparmiatori e chiedeva conto al governo allora giallo-verde del suo operato. Ora però il Pd ha cambiato radicalmente posizione e difende il Meccanismo. Anche il M5S ora assume una posizione critica e pretende che Conte ottenga dei correttivi: Di Maio era vicepremier quando Tria trattava sul Mes a Bruxelles e non si ricordano una sua presa di distanza. Anche Salvini all’epoca era vicepremier però lui può dimostrare di aver detto «no» all’accordo in ogni sede. Certo ora lo fanno con molta maggiore virulenza di allora perché, dall’opposizione, la polemica è in perfetta linea con il sovranismo, con l’ostilità verso l’«Europa dei burocrati» o la Germania o anche le banche tedesche (che sarebbero le vere beneficiarie del nuovo meccanismo).
La posizione di Palazzo Chigi a questo punto si fa delicata: se all’Eurogruppo del 4 mantiene la coerenza e vota a favore apre una prateria a Salvini e Meloni dove si può cavalcare sin dalle elezioni in Emilia Romagna. Se invece rompe l’accordo con i partner fa un clamoroso voltafaccia internazionale che bloccherà le trattative: la ratifica del Trattato infatti deve essere unanime da parte di Stati e Parlamenti. Insomma, un bel pasticcio (che pagheremo) che si è prodotto su un argomento tanto delicato quanto tecnico e controverso, al punto che ognuno può dimostrare qualsiasi tesi.
In ogni caso Conte, punto sul vivo dalle accuse di Salvini, minaccia una querela per calunnia contro il leader leghista al quale chiede di non avvalersi, come in passato, dell’immunità parlamentare. Ma in nessun Paese occidentale si è mai visto governo e opposizione discutere della politica economica della nazione in tribunale a colpi di codice penale.
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