L'Editoriale
Martedì 25 Settembre 2018
Rapina in villa
e lezione di civiltà
«Non comprerò mai una pistola, perché io non sono capace di ammazzare un altro uomo come me, anche se è un delinquente. Anzi, penso proprio che se avessi avuto un’arma in casa sarei morto io». L’intervista resa a Fabrizio Caccia del «Corriere della sera» dal dottor Carlo Martelli, 69 anni, medico chirurgo in pensione, fondatore dell’Anffas di Lanciano, aggredito nelle prime ore di domenica scorsa nella sua villa di Carminiello di Lanciano, in provincia di Chieti, lascia senza parole chi ha letto i particolari della rapina. I quattro aggressori si sono comportati con una ferocia da «Arancia meccanica», picchiando selvaggiamente Martelli e sua moglie Niva.
Eppure, dall’ospedale di Lanciano, con il volto tumefatto per i pugni scagliati dai rapinatori di fronte al figlio disabile e il busto che teneva insieme la spina dorsale per i calci ricevuti sulla schiena, quest’uomo ha avuto il coraggio di una testimonianza civile che vale più di mille dibattiti. Proprio nel momento in cui si dibatte di norme meno restrittive sull’adozione delle armi nella propria abitazione per difesa personale e dopo che l’Italia ha recepito per prima la direttiva Ue che ne estende l’uso, ecco che la vittima di una violenza orrenda si pronuncia nettamente contro la detenzione di una pistola o di un fucile in casa.
Il dottor Martelli è un uomo di scienza e probabilmente anche di fronte alla ferocia disumana dei rapinatori sa che le armi da fuoco sono roba da professionisti, come sanno esserlo le nostre forze dell’ordine, dall’Arma dei carabinieri alla polizia.
Non è nemmeno necessario scomodare i valori di uno Stato di diritto, che pure esistono, evocando l’eventualità che può scapparci il morto, perché anche la vita di una «bestia» che usa quella violenza ha un valore e merita di essere rieducato nelle patrie galere. No, qui semplicemente è sufficiente sfatare un luogo comune, e cioè che un revolver in casa può avere funzione di deterrente o di difesa. In realtà, come sanno tutti i professionisti della sicurezza, messa in mano a un dilettante (pur in possesso di regolare porto d’armi) può provocare l’effetto opposto: peggiorare la situazione.
Come cronista di «nera» ho seguito abbastanza casi di cronaca, su una piazza importante, com’era quella di Milano degli anni ’80 e ’90, per aver capito una cosa fondamentale, quasi una regola, da adottare durante una qualsiasi rapina: mai provocare il rapitore, spesso più impaurito della vittima, nervoso, magari drogato, col dito sul grilletto e pronto a fare fuoco, in nettissimo vantaggio nel caso di una concitazione o peggio di uno scontro a fuoco.
Ricordo in particolare i gioiellieri riversi senza vita in una pozza di sangue, colpiti a bruciapelo perché di fronte ai rapinatori incappucciati avevano aperto il cassetto sotto il bancone del loro negozio per estrarre la rivoltella. Sarebbero ancora vivi quegli uomini coraggiosi se si fossero limitati a consegnare la refurtiva. Ecco perchè dobbiamo ringraziare il dottor Martelli. Con le sue parole ci ha ricordato che è meglio che l’Italia non diventi un Far West e che Charlton Heston e Clint Eastwood è meglio guardarli al cinema.
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