Quelle morti sul lavoro, le leggi inapplicate

Il commento. Per chi suona la campana delle morti bianche? In Italia suona tre volte al giorno, ma nessuno ci fa caso. Gli incidenti sul lavoro sono uno dei dati endemici del nostro Paese, insieme con gli incidenti stradali. Un’emergenza strutturale permanente cui non diamo peso, semplicemente ci siamo abituati. Ce lo ricorda il capo dello Stato in alcune occasioni, ce lo ricordano i sindacati, ogni tanto compare un’inchiesta giornalistica, ma l’opinione pubblica ormai ha un atteggiamento quasi fatalistico.

In Italia si verifica un infortunio ogni minuto e muoiono tre lavoratori al giorno. Un’operaio muore intossicato da monossido di carbonio, un muratore viene schiacciato da una lastra di marmo, oppure un addetto ai lavori stradali scompare sepolto vivo, come è avvenuto l’altro ieri, inghiottito da un cantiere che cede di schianto. Ogni giorno tre mogli diventano vedove, tanti bimbi sono resi orfani da una tragedia che si poteva evitare. Sempre. La tragedia irrompe nella vita delle famiglie e le devasta all’improvviso, ma noi non andiamo dentro a quelle vite sprecate, che potrebbero essere le nostre vite, perché la campana delle morti bianche suona per tutti noi, ci limitiamo ad analizzare i dati statistici e osservare il fenomeno nella complessità dei numeri, che a ben vedere è molto più rassicurante.

Come porre rimedio a questo stillicidio quotidiano? Certamente la prima cosa da fare è applicare le leggi già in vigore, vigilare, rafforzare un’alleanza tra sindacati e impresa sulla sicurezza in azienda

Le cause sono note e ricorrenti, come le cadute dall’alto nei cantieri, l’urto con parti meccaniche in movimento, l’asfissia o l’intossicazione da sostanze chimiche o per assenza di ossigeno. E infatti le misure previste sono tutte «normate», perché ampiamente prevedibili. Il problema è la scarsa conoscenza del rischio da parte dei lavoratori e dei dirigenti dell’impresa. Come porre rimedio a questo stillicidio quotidiano? Certamente la prima cosa da fare è applicare le leggi già in vigore, vigilare, rafforzare un’alleanza tra sindacati e impresa sulla sicurezza in azienda. Troppo spesso la prevenzione è considerata un costo o addirittura un impedimento alla produttività dal datore di lavoro e non investimento (sulla vita, ma non solo). Servirebbero più controlli ispettivi, largamente insufficienti. I dati Inas-Cisl ci mostrano che le ispezioni in materia lavoristica, di legislazione sociale e di salute e sicurezza sul lavoro sono stati 91.505 nel 2021, 10mila in più rispetto all’anno precedente. Ancora troppo poche, anche se in aumento. Si dice che anche l’Ispettorato nazionale del lavoro, che non riesce a decollare, ridurrebbe di un buon 30% queste sciagure.

Farsi carico delle condizioni di salute e sicurezza nelle fabbriche e ovunque ci sia lavoro (anche nel digitale) non può essere compito solo dell’azienda e delle rappresentanze dei dipendenti ma di tutti i corpi sociali intermedi, a cominciare dalla scuola, oltre che della politica

D’altra parte non si può risolvere questa tragedia collettiva solo con le ispezioni o le sanzioni, che pure sono importantissime. L’obiettivo zero delle morti bianche dipende da una presa di coscienza collettiva e dalla conoscenza, dalla formazione e dall’assunzione di responsabilità in capo al datore di lavoro, ai suoi dipendenti e naturalmente ai sindacati. Ma farsi carico delle condizioni di salute e sicurezza nelle fabbriche e ovunque ci sia lavoro (anche nel digitale) non può essere compito solo dell’azienda e delle rappresentanze dei dipendenti ma di tutti i corpi sociali intermedi, a cominciare dalla scuola (un esempio è l’accordo Inail-Ufficio scolastico Lombardia), oltre che della politica.

Bisogna arrivare alla consapevolezza che se qualcuno si fa male non è perché «è distratto» ma perché in azienda non vi è un’adeguata percezione del rischio o, peggio, non si sono assunte tutte le misure di sicurezza per evitare quel rischio. Fatto sta che in Italia non si è ancora data attuazione all’articolo 2087 del codice civile, che recita che «l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro». Il giorno in cui vi sarà data piena attuazione non vi saranno più morti bianche. Perché l’obiettivo è zero: nessun infortunio mortale è tollerabile, nel nome della salvaguardia della vita umana. Perché la campana delle morti sul lavoro suona per tutti.

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