Quei pullman stracolmi impongono delle scelte

Ai tempi c’era il 3 Esperia, un’autentica leggenda. Partiva da Porta Nuova con un paio di borse rigorosamente fuori dalle portiere serrate e i loro proprietari dentro la vettura spiacciccati addosso a decine di colleghi studenti. Ma salirci era un signor risultato perché di riffa o di raffa in via Gavazzeni ci arrivavi, magari in condizioni approssimative ma ci arrivavi.

Qualche decennio dopo le borse restano dentro la vettura con i loro legittimi proprietari, ma la situazione di sovraffollamento degli autobus non pare migliorata. Anzi. La situazione è purtroppo chiara, a giudicare dalle segnalazioni (tantissime) ricevute dalla nostra redazione da ogni zona della Bergamasca. Vanno ad aggiungersi alle più di 300 inviate all’Agenzia del trasporto pubblico locale dall’inizio dell’anno scolastico e alle oltre 250 ricevute dal Coordinamento dei Comitati genitori. E l’ondata non pare destinata a fermarsi.

Premessa, nessuna intenzione da parte nostra di trovare dei colpevoli: qui serve semmai un abbozzo di soluzione, consci che l’Agenzia del Tpl sta facendo nozze con i fichi secchi. All’appello mancano sia gli autisti (e questo fa capire quanto sia complessa la vicenda) che 5 milioni di euro, un quadro da allarme rosso. Il ritorno ad una parvenza di normalità dopo gli anni della pandemia e dello scaglionamento degli ingressi e uscite a scuola ha messo davanti agli occhi di tutti una situazione insostenibile: pullman strapieni, studenti come sardine, condizioni di sicurezza al minimo, stress degli autisti al livello opposto.

Sullo sfondo, la beffa dell’adeguamento delle tariffe scattato a fronte di un servizio qualitativamente peggiorato: corse saltate, ritardi e quella situazione di incertezza quotidiana (nemmeno troppo latente) che aumenta, anche perché stiamo parlando di un’utenza composta da studenti, quindi dai 14 anni in su e debole per definizione. E che oltre alle 5-6 ore di lezione spesso deve aggiungerne un altro paio per andare e tornare da scuola.

La verità è che la coperta non solo è corta, ma si sta drammaticamente accorciando anno dopo anno: in un territorio complesso e vasto come il nostro, il trasporto pubblico locale è imprescindibile, a maggior ragione quello su strada a fronte di una rete ferroviaria comunque tutta concentrata a sud del capoluogo con la sola eccezione del tram fino ad Albino. La bacchetta magica non ce l’ha nessuno, ma è chiaro che a fronte di risorse insufficienti e prospettive (oggettivamente) non rosee bisogna fare delle scelte.

Il Tpl funziona su due leve, quella dei contributi pubblici e quella tariffaria: nella nostra provincia gli incassi da titoli di viaggio sono da sempre superiori alla media nazionale e appare difficile agire su questo versante, sia per i tempi oggettivamente difficili che per i recenti aumenti. Senza contare che provvedimenti del genere rischiano di spostare quote di traffico sul versante privato e questo ha come immediata conseguenza un peggioramento del servizio pubblico. Per farla breve, se aumentano le auto aumenta il traffico e diminuisce anche la velocità commerciale dei pullman: oltre al danno la beffa.

Sul versante dei contributi pubblici il discorso cambia: investimenti «anche» sul tpl in questi anni ci sono stati, a cominciare dal rinnovo del parco mezzi. Ma è chiaro che non bastano ed è quell’anche tra virgolette che fa la differenza, perché per problemi sempre più gravi servono scelte di campo. E magari, se necessario, anche una razionale rinuncia (o il rinvio) per quelle opere che sembravano prioritarie prima e che ora invece assumono minore urgenza. Non in sé e per sé, ma perché fuori le cose stanno cambiando e bisogna saper scegliere. Non è facile, ma si deve.

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