Qualità di vita
Bergamo avanza

Milano torna sul podio del capoluogo di provincia migliore d’Italia per qualità della vita stilata come ogni anno dal quotidiano economico «Sole24 Ore». È un ritorno di fiamma: lo aveva già fatto nel 2003 col sindaco di centrodestra Gabriele Albertini e nel 2015, l’anno dell’Expo, con il sindaco di centrosinistra Giuliano Pisapia, a dimostrazione che l’efficienza della metropoli lombarda non dipende dal suo colore politico, ma dalla sua classe dirigente. Oggi il sindaco Sala, che fu commissario straordinario dell’Esposizione universale, si gode il successo. Del resto Milano resta l’unica città veramente europea che abbiamo in Italia: basterebbe puntare il naso all’insù e ammirare l’orizzonte dei suoi grattacieli. Qualche sorpresa arriva dal fatto che è solo sesta nella categoria «affari e lavoro» (la prima è la solita Bolzano, la concorrente da battere ogni anno, che tallona Milano nella classifica generale seguita da Aosta, altro capoluogo circondato dalle montagne, la città del Gran Paradiso e del commissario Rocco Schiavone).

In ogni caso va detto che il mito meneghino non è assoluto. Se si prendono in considerazione le imprese del registro, il tasso di occupazione, le «start up», persino l’export, in cui è solo 51ª, la città della Madonnina e dei «cumenda» non se la passa benissimo. Un contrasto stridente con i suoi grattacieli. Rimane tuttavia prima per ricchezza e consumi (ha i depositi pro capite più alti d’Italia). Ha anche i canoni di locazione più alti del Paese ed è seconda solo a Trieste nei servizi. Inoltre è una città dove si «mastica» cultura: la spesa pro capite è la terza d’Italia anche se per l’offerta è solo al 20° posto.

A Milano, città dalle braccia aperte da sempre, la percentuale di stranieri è la più alta della Penisola (il 19 per cento della popolazione residente) ed è ben organizzata anche la rete di volontari e di assistenza. Milano col cuore in mano insomma. La musica cambia se si passa al capitolo «giustizia e sicurezza». Nella classifica risulta 91ª, quasi ultima, insomma al livello della cenerentola del gruppo, che è il capoluogo calabrese di Vibo valentia. A proposito le città del Mezzogiorno si confermano nettamente arretrate rispetto a quelle del Nord. La qualità abita al Nord, nessun dubbio per i ricercatori. Le ultime tre città d’Italia sono Vibo Valentia, Foggia e Taranto, con le sue mille contraddizioni.

E Bergamo? Nella classifica appare a un lusinghiero sedicesimo posto. Se scomponiamo i dati, scopriamo che il suo forte sono gli indici demografici: tasso di fertilità, indice di vecchiaia (vale a dire il numero di anziani ogni cento giovani) e basso indice di litigiosità. A Bergamo si studia ancora troppo poco: il tasso di giovani laureati la colloca all’85°. Inoltre è ultima nei pernottamenti nelle strutture ricettive. Male anche le rapine (all’82° posto). Va detto che questo genere di classifiche è sempre un po’ soggettivo. Difficile incasellare una città, che ha uno spirito impossibile da ingabbiare, nei parametri di un qualunque concorso. Ricchezza e consumi, affari e lavoro, ambiente e servizi, giustizia e sicurezza non bastano a rendere la bellezza di certi antichi borghi immersi nel verde o di certe città affacciate sul mare, magari con bassi indici di qualità. Un esempio per tutti: Bergamo si colloca al primo posto negli indici di vecchiaia con un bassissimo tasso di mortalità. Vuol dire che se a Milano si vive meglio, a Bergamo si vive più a lungo. E scusate se è poco.

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