L'Editoriale
Sabato 15 Ottobre 2022
Putin tira dritto e il gas lo aiuta
Il commento. «Ni shagu nazad!». Suonava così l’Ordine 227 che Stalin emanò il 28 luglio del 1942. Parole che abbiano sentito risuonare molte volte in questi mesi, sul lato russo del conflitto in Ucraina, e che ben rappresentano l’atteggiamento tenuto ieri da Vladimir Putin ad Astana. In una pausa dei lavori della Conferenza sulle misure di interazione e fiducia in Asia (Cica), il leader russo ha concesso ai giornalisti una serie di risposte raggelanti. Non c’è bisogno di altri attacchi su vasta scala, per ora, ma in futuro si vedrà.
Non ho alcuna ragione per parlare con il presidente Biden. Non si poteva tenere un fronte lungo 1.100 chilometri con i soli volontari a contratto, quindi la mobilitazione era necessaria. E soprattutto, a precisa domanda: «Non sono pentito di nulla. Quello che sta succedendo è spiacevole, per usare un eufemismo. Ma sarebbe successa la stessa cosa anche dopo, con noi in condizioni di svantaggio. Quindi abbiamo agito in modo tempestivo e opportuno». Nessuna concessione, nessuna apertura. Neanche di un millimetro. Al contrario: Putin ha detto che 16mila degli oltre 200mila riservisti hanno già raggiunto la prima linea e che la mobilitazione sarà conclusa entro due settimane. Il che significa che d’ora in poi l’afflusso di nuove truppe russe verso il fronte ucraino sarà continuo e massiccio.
Putin ha coperto il ministro della Difesa Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov, anche dopo gli attentati ai gasdotti e al Ponte di Crimea, ma ha dovuto accontentare i falchi con la giornata del 10 ottobre, quando una novantina di missili ha devastato il 30% delle infrastrutture energetiche ucraine
Abbiamo già visto, proprio in queste pagine, che l’inasprimento della postura del Cremlino risponde, anche e forse soprattutto, alle difficoltà interne. Settori importanti del sistema di potere putiniano hanno manifestato per settimane insoddisfazione per l’andamento della cosiddetta «operazione militare speciale», chiedendo il licenziamento dei vertici delle forze armate e una guerra senza limiti né restrizioni. Putin ha coperto il ministro della Difesa Shoigu e il capo di Stato maggiore Gerasimov, anche dopo gli attentati ai gasdotti e al Ponte di Crimea, ma ha dovuto accontentare i falchi con la giornata del 10 ottobre, quando una novantina di missili ha devastato il 30% delle infrastrutture energetiche ucraine.
Pur non appoggiando la Russia in guerra, la Cina è stata in questi mesi un partner fondamentale, garantendo al Cremlino un afflusso di denaro (220 milioni di dollari al giorno di soli idrocarburi) e la sostituzione di buona parte della tecnologia che Mosca non può più importare da Occidente
Nel Putin che non fa un passo indietro, però, sembra esserci ora qualcosa più di questo. Gli infiniti pronostici sul tracollo della Russia si sono rivelati, uno dopo l’altro, o falsi o troppo ottimistici. In realtà, il Fondo monetario internazionale, poco sospettabile di putinismo, ha ridimensionato il calo del Pil russo nel 2022 a un modesto 3,8%. E l’attivo della bilancia commerciale russa, nel periodo gennaio-settembre 2022, è più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo del 2021, arrivando a 238 miliardi di dollari. Questo non vuol dire che il Paese non viva una fase di grande difficoltà. Però non è il presagio di un crollo imminente. Può anche darsi che, a rassicurare Putin, siano le notizie che arrivano da Pechino e che danno Xi Jinping sul punto di ottenere il terzo mandato. Pur non appoggiando la Russia in guerra, la Cina è stata in questi mesi un partner fondamentale, garantendo al Cremlino un afflusso di denaro (220 milioni di dollari al giorno di soli idrocarburi) e la sostituzione di buona parte della tecnologia che Mosca non può più importare da Occidente. La probabile conferma di Xi Jinping garantisce che il legame non si interromperà.
Erdogan è una vecchia e cinica volpe, è riuscito a mettersi al centro di questa crisi mondiale facendo profitti con tutti. E Putin, attraverso di lui, insegue il sogno che sembrava realizzato con la Germania e i Nord Stream: scavalcare l’Ucraina e i Baltici, cioè i Paesi ostili, e portare il gas ai ricchi clienti europei
Ma è un po’ tutto il quadro internazionale che sollecita l’intransigenza di Putin. Gli Usa non riescono a darsi pace per la mossa dell’Arabia Saudita che, con l’Opec + (e quel + significa Russia) ha deciso di tagliare la produzione di petrolio di due milioni di barili al giorno, facendo salire i prezzi e dando un colpo di piccone alla presidenza Biden alla vigilia delle elezioni di mezzo mandato. E c’è la solita Turchia, che vende armi all’Ucraina ma intanto si accorda con la Russia per organizzare uno snodo dell’export del gas sulle rive del Mar Nero. Erdogan è una vecchia e cinica volpe, è riuscito a mettersi al centro di questa crisi mondiale facendo profitti con tutti. E Putin, attraverso di lui, insegue il sogno che sembrava realizzato con la Germania e i Nord Stream: scavalcare l’Ucraina e i Baltici, cioè i Paesi ostili, e portare il gas ai ricchi clienti europei. Che cosa vorrebbe dire ce l’ha mostrato ieri il crollo delle quotazioni al Tts, la Borsa europea del gas che ha sede in Olanda. Una tentazione, quella del gas sicuro e a prezzi bassi, fortissima per una Ue divisa all’interno e ormai avviata verso la recessione.
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