Prezzi e lavoro, il nodo risorse

MONDO. L’aumento generalizzato dei prezzi in Europa non è un fenomeno passeggero. I banchieri centrali di tutto il mondo occidentale hanno recitato mea culpa per aver ritenuto l’inflazione «temporanea» e adesso sono impegnati a farla convergere verso l’obiettivo del 2%, a suon di rialzi dei tassi d’interesse.

In attesa di raggiungere l’agognata meta, tocca a cittadini e imprese subire gli effetti più negativi dell’incremento dei prezzi, così come ai Governi cercare una strategia per contenerli. La notizia di ieri, in questo senso, è un’amara conferma: in tutta l’Eurozona, e dunque in Italia, la fase di rientro dell’inflazione ad aprile ha subito una battuta d’arresto. Nel nostro Paese, i prezzi lo scorso mese sono saliti in media dell’8,3% su base annua (+7,6% era il dato di marzo) e dello 0,5% su base congiunturale. La causa principale, secondo l’Istat, nel caso italiano è una nuova accelerazione dei beni energetici, soprattutto dei carburanti e dell’energia elettrica nel mercato libero. La strada verso la vecchia normalità è imboccata, intendiamoci, come dimostra il netto calo delle quotazioni energetiche a livello internazionale, ma ora abbiamo la certezza che sarà lunga e accidentata.

Il Governo, pur entro vincoli ferrei dettati dalla quantità di risorse a disposizione, sembra avere scelto una strategia opportuna. Il Decreto lavoro, varato il 1° maggio, utilizza infatti quasi tutto lo spazio fiscale disponibile - circa quattro miliardi di euro - per tagliare il cuneo fiscale a favore dei dipendenti con redditi medi e bassi. Un taglio che si aggiunge a quello già deciso nella legge di stabilità della fine dello scorso anno. In questo modo lo sgravio sale al 7% per i redditi fino a 25mila euro e al 6% per i redditi fino a 35mila euro, con aumenti in busta paga che possono arrivare fino a 100 euro lordi al mese. Nell’attuale momento storico, si tratta di una modalità lineare ed efficace per difendere il potere d’acquisto delle famiglie. Non a caso anche i sindacati, pur molto distanti su altri dossier dalla linea dell’esecutivo, hanno insistito affinché questa scelta sia «blindata» nel tempo; in modo speculare, industriali e commercianti non ritengono errata tale scelta, propongono invece di renderla ancora più netta.

Il Governo potrebbe cogliere il momento e rilanciare quel «dialogo sociale» che troppe volte in passato è stato evocato in modo retorico, sfidando gli interlocutori, rappresentanti dei lavoratori e delle imprese, a individuare assieme i capitoli di spesa su cui sarebbe possibile intervenire per recuperare risorse e ridurre con ancora maggiore incisività le tasse. In questo modo il «dialogo sociale» assumerebbe toni più costruttivi, da tutte le parti, e avrebbe risultati di sicura utilità per preservare la crescita della nostra economia. Al di là della fase emergenziale dell’inflazione, il nodo delle risorse rimane fondamentale per un’altra sfida più generale che riguarda il mondo del lavoro. «Il nostro obiettivo - ha ribadito ieri la ministra per il Lavoro, Marina Calderone, intervistata da Radio24 - è quello di portare al lavoro quante più persone possibili in tempi brevi, anche perché abbiamo forti richieste dalle aziende che in questo momento hanno bisogno prima di tutto di riprogrammare la formazione di figure professionali che stanno mutando, mancano anche figure tradizionali».

Vanno in tale direzione diverse misure contenute nel Decreto del 1° maggio, a partire dalla netta divisione tra gli strumenti per il contrasto alla povertà (l’Assegno di inclusione che dal 2024 rimpiazzerà il Reddito di cittadinanza) e quelli per le politiche attive (l’Indennità di 350 euro per chi intraprende percorsi di formazione). Introdotti poi incentivi per chi assume i beneficiari dell’Assegno di inclusione, con generosi esoneri contributivi per dodici mesi. Infine, per favorire l’occupazione giovanile, sono previsti incentivi pari al 60% della retribuzione per un periodo di 12 mesi a favore dei datori di lavoro che assumono giovani under 30 che non lavorano e non sono inseriti in percorsi di formazione. Tutte misure rafforzabili in futuro, a patto di trovare le risorse per farlo senza rendere pericolanti i conti pubblici.

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