«Polveriera»
sociale
Abbassare
i toni

Davanti a un presidio di lavoratori della logistica organizzato alla Lidl di Biandrate, in provincia di Novara, un Tir forza il blocco e accelera, investe un giovane sindacalista trentasettenne di origine marocchina padre di due figli di 15 e 17 anni, Adil Belakhdim, coordinatore interregionale dei SiCobas, lo trascina straziandone il corpo per venti metri sull’asfalto. Poi l’autista corre via senza nemmeno fermarsi e imbocca l’autostrada, dove verrà fermato dai carabinieri. Adil è morto per difendere il proprio lavoro.

Non è accettabile che si debba mettere a rischio la vita per un presidio sindacale. Una morte ingiusta e assurda, che verrà ricostruita dalla magistratura. Verranno chiarite le circostanze e le responsabilità dell’autista, per poi lasciare che la giustizia applichi la legge nei confronti di un episodio gravissimo.

Ma al di là dell’episodio (su cui anche il premier Mario Draghi chiede che si faccia piena luce) preoccupa il clima di tensione che attraversa ancora una volta il mondo del lavoro, alla vigilia dello sblocco dei licenziamenti di luglio, quando l’Italia potrebbe trasformarsi in una polveriera. Non dimentichiamoci che pochi giorni fa i dipendenti licenziati da un’azienda che protestavano nel Lodigiano erano stati aggrediti a colpi di bastoni, sassi e bottiglie da squadracce infiltrate, assoldati da qualcuno, come è stato denunciato dai sindacati, in un clima di squadrismo che rimanda a un secolo fa. Che cosa accadrà nei prossimi mesi, proprio quando stiamo uscendo dal tunnel, dal «congelamento» dovuto alla pandemia e al lockdown? Un mondo che finora era rimasto sopito, risvegliandosi per improvvise fiammate, potrebbe esplodere lasciando intorno a sé macerie sociali: operai contro imprenditori, lavoratori contro lavoratori, dipendenti contro padroncini, forze dell’ordine contro manifestanti. Il barometro sociale segna cattivo tempo e nuvole nere per l’estate imminente.

Finora il teatro delle proteste ha visto in massima parte il tribolato settore della logistica, un’area che ha visto uno sviluppo esponenziale con il nascere della pandemia e della quarantena, per i motivi che tutti conosciamo, con imprese che hanno raggiunto fatturati stellari, ma dove più acuta è la questione dei diritti, anche quelli più basilari, che riguardano il mondo del lavoro.

Dice il leader della Cgil, Maurizio Landini, che «nella logistica si stanno verificando troppi episodi d’intimidazione e di violenza, che mettono seriamente in discussione le libertà sindacali. E questo avviene in un settore, dove anche per effetto del ricorso ad appalti e sub appalti, e dell’applicazione di contratti pirata, i diritti e le tutele fondamentali dei lavoratori sono continuamente calpestati, in un clima spesso da Far West». Anche se la domanda che potremmo fare a Landini è: «I sindacati in questi anni hanno vigilato sul cono d’ombra dell’universo della logistica o erano impegnati su altri fronti?».

La logistica è infatti la nuova frontiera del sindacato, quella dove i soprusi sociali e i rischi di schiavitù innescati dalle nuove tecnologie incombono, ancora privo di adeguate normative proprio perché si tratta di un universo nuovo e dunque giocoforza ancora selvaggio. Certo bisognerebbe abbassare la tensione proprio a partire dalle parti, con relazioni industriali più adeguate ai tempi, con manifestazioni improntate al confronto e al dialogo e non ancorate a manifestazioni di stampo novecentesco, come i blocchi, anche se questo non toglie nulla alla gravità di quel che è accaduto ieri. Ed è chiaro che non va lasciato nemmeno alle sole controparti, ma deve divenire questione nazionale.

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