L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 25 Novembre 2018
Politica economica
sirene elettorali
Come funzionerà il reddito di cittadinanza ancora nessuno lo sa. C’è un modesto stanziamento a bilancio, ma sui dettagli, liberi tutti: lo si può sognare o condannare. Di Maio ha annunciato che già si stanno stampando le tessere, ma una veloce indagine giornalistica nega che questo sia avvenuto: giallo o bugia? Certamente non è già più il simbolo che ha segnato una campagna elettorale. E soprattutto rischia di diventare una vacua battaglia Italia-Europa su un sussidio con soldi presi a prestito, per poi scontentare masse in attesa di ben altro. Quando è nato, era un compromesso improbabile tra levità poetica da figli dei fiori (la decrescita felice) e misure autoritarie di stampo sovietico (tutti livellati in basso), per realizzare una società alternativa, liberata dal bisogno ma anche dal merito.
Il modello era universale, rivolto a tutti, senza vincoli di reddito e condizioni, e la filosofia era quella (citiamo testualmente dal pdl 2013) di remunerare «un’attività produttiva di valore, che è l’attività di vita». Il solo essere in vita, miliardario o profugo, giustifica il sussidio. Dalle piazze al governo di un Paese del G7, tutto è già cambiato, a cominciare dal fatto che la presunta copertura finanziaria 2013 (riduzione di sprechi e privilegi) è sparita, ed è stata trattata, metà per uno, col socio di governo, tra reddito e Fornero. Complessivamente sono ora circa 7,1 miliardi, più 2 ricavati dal Rei di Gentiloni (revocato dal 1° gennaio a 387 mila famiglie, che non saranno felici), ma già destinati a «pensione di cittadinanza» (500 mila persone), e rinforzo dei centri dell’impiego.
I destinatari potenziali sono in teoria 4,5 milioni di famiglie, ma solo 2,5 ne avranno diritto, causa reddito sotto i 9360 euro Isee. Si fanno due calcoli e potranno aspettarsi 388 euro circa, non certo i 780 proclamati. In alternativa, questa cifra bandiera potrebbe andare alle sole 469 mila famiglie con Isee zero, ma allora si userebbero 4,4 miliardi per soli 469 mila destinatari. Agli altri, le briciole: più o meno 140 euro. Non certo l’abolizione della povertà.
Molto rumore per nulla, allora? Almeno un dato positivo comunque c’è, l’aver messo l’accento sull’emergenza povertà, che esiste, e che ha smosso solo in extremis i governi Pd, senza fanfare e con pochi soldi. Quanto ai 5Stelle è un dato di fatto lo stravolgimento delle loro intenzioni iniziali. Intanto perché non nasce la società vagheggiata, forse il suo contrario, e poi perché un conto è la lotta alla povertà e un conto una specie di cassa integrazione in attesa di un improbabile lavoro (che senza crescita, non c’è). Si confondono due temi molto diversi, perché non tutti i poveri sono in cerca di occupazione o in grado di svolgerla (un milione di minori e tante donne di mezza età che non ci hanno mai pensato) e proporgli la lotteria dei 3 lavori da accettare, è insensato.
A forza di mediazioni e attenuazioni, il progetto originario è ormai tutt’altra cosa e sembra destinata ad un (costoso) insuccesso. È forse questo il motivo per cui la Lega è tanto passiva, nonostante un massiccio trasferimento di risorse dal Nord che lavora ad un Sud sul divano? Sembra lì, sorniona, ad attendere il rumore dello schianto di questa utopia e la delusione di quel 27,9% di famiglie di Crotone (solo 3,5 a Bergamo) che si attendono 780 euro da papà Grillo. L’operazione, se va bene, mette sullo stesso piano retributivo un giovane neoassunto e un candidato al lavoro nero, e comunque aggiunge un tassello al disegno che sta venendo avanti con tanti segnali. Quello di uno Stato profondamente radicato nella vita di cittadini che ne dipendano.
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