Perché Kiev e l’Europa chiudono a Putin il rubinetto del gas

MONDO. Era una gallina dalle uova d’oro; un pozzo di ricchezze senza fondo; un abbraccio geopolitico con vantaggi comuni incommensurabili.

La Russia dà l’addio al mercato europeo del gas, in cui deteneva una quota vicina al 45%. La politica di Putin è riuscita nell’ardua impresa di farsi cacciare fuori dai Ventisette. Non era facile.

In campo energetico questo per Mosca è un disastro paragonabile per gravità a quello siriano, in campo geopolitico, dove Putin ha perso un alleato che, dai primi anni Settanta, garantiva una rilevante presenza in Medio Oriente. La visita a sorpresa al Cremlino del premier slovacco Fico è apparsa fuori dalla presente epoca, contrassegnata da un terribile conflitto combattuto dopo decenni nel Vecchio continente. Come l’ungherese Orban qualche leader Ue crede ancora che si possa fare da soli, seguire una propria linea in contrasto con quella comunitaria concordata e nella fattispecie di Fico, precipitarsi a Mosca per mettersi d’accordo separatamente alle spalle della Commissione e del Consiglio europeo.

La chiusura dei rubinetti del gas di Kiev

Come se queste ultime istituzioni non abbiano osservato preoccupate negli ultimi anni le posizioni assunte da Slovacchia e Ungheria sulla questione ucraina. Adesso i nodi sono arrivati al pettine sia per Bratislava che per Budapest. Gli smarcamenti dovranno essere spiegati e avranno – si può star certi - un costo politico ed economico. Cosa sta succedendo? Kiev non rinnoverà il contratto di transito del gas russo attraverso il suo territorio in scadenza domani. Per quasi tre anni ha fatto finta di nulla, come se non si combattesse in casa propria, cedendo alle pressioni esterne. Ma adesso basta. L’Ucraina, a detta di Zelensky, era pronta a compensare finanziariamente la Slovacchia per la perdita dell’energia a buon mercato in cambio di una mano sull’adesione rapida ai Ventisette e alla Nato.

La visita di Fico a Mosca: un fiasco

No. Fico è voluto andare lo stesso al Cremlino, ma la sua visita disperata appare essere stata un fiasco. «È una situazione complicata», ha ammesso il portavoce di Putin Peskov, il gas russo è «necessario per alcune economie europee». Difficile per Mosca trovare soluzioni senza un’intesa con Kiev. Nel 2024 gli approvvigionamenti russi all’Europa sono crollati all’8%. E nel 2025 si scriverà la cifra zero o giù di lì. Dopo il primo gennaio, a parte la Slovacchia, saranno in difficoltà anche la filo-europea Moldova, e soprattutto la regione filo-russa della Transnistria. Quest’ultima, conosciuta come la «Lombardia» moldava, ha carbone per non più di due mesi. Poi si fermeranno le fabbriche e le case rimarranno al freddo.

L’Europa e Gazprom

Il «blocco» energetico potrebbe portare, chissà, alla composizione di uno dei più vecchi «conflitti congelati» del Vecchio continente. Quale lezione trarre? Per anni gli europei hanno tentato di far capire alla monopolista «Gazprom» che gli affari li si fa con chi si ha piacere di farli e non solo se c’è un vantaggio economico o finanziario. Mosca ha sempre creduto di poter trovare tra i Ventisette qualcuno che fosse disponibile a scendere a compromessi. Colpire il portafoglio di Putin sembra essere l’unica strategia per portarlo a più miti consigli. Ecco perché Kiev e l’Ue gli chiudono il rubinetto del gas.

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