Pagamenti digitali, rivoluzione in corso

MONDO. Quanti assegni vi è capitato di firmare lo scorso anno? Con ogni probabilità, molto pochi. Per la prima volta, infatti, nel 2023 in Italia la percentuale di operazioni simili - sul totale dei pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante - è scesa addirittura sotto l’1%.

Nel pre pandemia si firmavano in media oltre il quadruplo degli assegni, e soltanto dieci o quindici anni fa per molti sarebbe stato impensabile abbandonare del tutto il celebre «libretto». Sempre dal 2019 a oggi, la percentuale di operazioni con carte di credito o debito è salita dal 47% al 60,6% del complessivo. Sono soltanto alcuni dei dati sorprendenti, quantomeno per i non addetti ai lavori, contenuti nell’ultima edizione dell’Osservatorio Carte di credito e Digital payments curato da Assofin, Nomisma e Ipsos.

Nel Paese in cui ancora di recente è scoppiata una breve (ma per fortuna inconcludente) guerra di religione su «contante versus digitale», la preferenza verso l’uso del contante per i pagamenti è addirittura minoritaria

Nel Paese in cui ancora di recente è scoppiata una breve (ma per fortuna inconcludente) guerra di religione su «contante versus digitale», la preferenza verso l’uso del contante per i pagamenti è addirittura minoritaria. «Solo il 38% dei decisori italiani pagherebbe in cash se fosse completamente libero di scegliere - si legge nel rapporto - mentre il restante 62% si orienta ormai stabilmente da un triennio verso i pagamenti digitali». Risultato: lo scorso anno «in Italia il numero di operazioni effettuate con strumenti diversi dal contante è cresciuto del 14% rispetto al 2022, incremento molto più importante se si considera il valore transato (+2%)».

I piccoli acquisti

Cosa vuol dire? Che scende il valore medio dell’operazione di pagamento, segno del ricorso a modalità alternative ai contanti anche per i piccoli acquisti. L’importo medio delle transazioni su Pos con carta di debito si attesta infatti a 44 euro, il 16,8% in meno dal 2019. Una rivoluzione delle nostre abitudini che certo investe con intensità diverse le differenti fasce anagrafiche, ma che non lascia necessariamente fuori dai giochi la popolazione più matura. È scesa drasticamente, per esempio, dal 26% al 16% nel giro di quattro anni, la percentuale degli italiani di 65-74 anni che dicono di non voler usare mai la carta di credito per acquisti di importo modesto.

Una rivoluzione delle nostre abitudini che certo investe con intensità diverse le differenti fasce anagrafiche, ma che non lascia necessariamente fuori dai giochi la popolazione più matura. È scesa drasticamente, per esempio, dal 26% al 16% nel giro di quattro anni, la percentuale degli italiani di 65-74 anni che dicono di non voler usare mai la carta di credito per acquisti di importo modesto

A spiegare un cambiamento così radicale contribuiscono diversi fattori. Pesano gli incentivi normativi, come l’obbligo per gli esercenti di offrire ai clienti la possibilità di pagare con il Pos per qualsiasi importo, introdotto nell’ambito del Pnrr. La crescita impetuosa dell’e-commerce, con la spinta senza precedenti avvenuta durante la pandemia, è un altro elemento da considerare. Infine l’innovazione tecnologica, e il miglioramento delle infrastrutture digitali, hanno ampliato a dismisura le possibilità a nostra disposizione; si pensi solo a cosa ha voluto dire l’introduzione di meccanismi «contactless» che, oltre a semplificare l’uso delle «tradizionali» carte, hanno trasformato i nostri smartphone (o i nostri orologi) in strumenti utili a effettuare pagamenti.

Il divario si riduce

Di strada, potenzialmente, ce n’è ancora molta da fare. Lo scorso luglio Chiara Scotti, vicedirettrice generale della Banca d’Italia, ha sottolineato come in media i pagamenti digitali per abitante nel nostro Paese sono stati circa 220 l’anno, cioè poco più della metà rispetto alla media europea con circa 400 pagamenti digitali all’anno. Il divario insomma si sta riducendo, è passato dal 58% del 2018 al 45% nel 2023, ma è sempre lì. Nel mondo non mancano le esperienze cui ispirarsi, sia per i legislatori che per i regolatori o gli operatori privati. In India, il Paese più popoloso del pianeta con oltre un miliardo 400 milioni di abitanti, le autorità hanno lanciato nel 2016 un sistema di pagamenti digitali che oggi è utilizzato regolarmente da 350 milioni di persone.

Per alimentare i consumi e ridurre l’economia sommersa, adesso la Banca centrale indiana ha annunciato un piano di «pagamenti conversazionali»; gli utenti potranno impartire ai loro telefoni istruzioni verbali, queste ultime saranno processate grazie all’Intelligenza artificiale e saranno sufficienti ad avviare le transazioni. Un modo (ipertecnologico) per coinvolgere soprattutto quella fascia di popolazione che ha meno dimestichezza con le ultime tecnologie. Nel Regno Unito, dove i pagamenti digitali sono già molto diffusi, la Banca centrale propone soluzioni basate sulla «tokenizzazione» dei soldi tradizionali per far sì, per esempio, che quando si fa shopping online l’esborso di denaro possa automaticamente avvenire soltanto a consegna della merce avvenuta. Difficile stabilire a priori il corso che potrà intraprendere l’innovazione in questo campo. Per non subirla, o per evitare che se ne possano avvantaggiare solo alcuni, occorre senz’altro garantire la sicurezza delle nuove infrastrutture digitali e promuovere il più possibile alfabetizzazione e cultura finanziaria.

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