L'Editoriale / Bergamo Città
Domenica 30 Ottobre 2022
Ospedale, torta senza ciliegina
Giorgio Gori ce l’aveva sulla punta della lingua, ma si è trattenuto per non guastare la festa, evitando di sollevare un tema che - in assenza dei vertici regionali - avrebbe solo creato facili consensi (e forse qualche imbarazzo), ma non sarebbe stato né utile né incisivo.
E così, controvoglia, il sindaco di Bergamo si è rimesso in tasca quel che si era preparato, lasciando parlare «il cuore» per esprimere la gratitudine della città verso il lavoro e la confortante presenza che l’ospedale di Bergamo, oggi intitolato a Papa Giovanni XXIII, assicura da sempre ai bergamaschi (e non a loro soltanto). Perché sulla bellissima torta che «La Marianna» aveva preparato per il brindisi dei dieci anni dal trasloco dagli Ospedali Riuniti alla Trucca mancava effettivamente la classica ciliegina, proprio quella che «L’Eco di Bergamo» sta rivendicando per l’ospedale da tempo, la stessa «andata di trasverso» al sindaco e alla gente bergamasca, ovvero il riconoscimento di azienda ospedaliera, più volte ipotizzato e mai escluso da Regione Lombardia, ma archiviato nei fatti, come se la questione non esistesse nemmeno. Eppure, tra gennaio e febbraio, proprio dalle colonne di questo giornale, le istituzioni bergamasche e molti degli addetti ai lavori avevano ampiamente condiviso il progetto, quello cioè di dedicare il nostro ospedale «solo» alla cura dei malati in fase acuta e alla ricerca, lasciando ad altri la gestione dei servizi destinati al territorio, peraltro bisognoso di interventi specifici. Superfluo elencare i vantaggi che una simile scelta farebbe ricadere sui malati e sull’intero sistema sanitario provinciale, ma nonostante ciò, tutto è rimasto «lettera morta». Destinata a rimanere tale? Forse no, perché se la speranza è sempre l’ultima a morire, non tutto il male vien per nuocere.
Il primo aspetto su cui far leva per riportare alla ribalta la questione è il Piano di organizzazione aziendale predisposto dalla direzione generale del «Papa Giovanni» e approvato nelle scorse settimane da Regione Lombardia. Un piano ambizioso, certo, ma fatto con intelligenza, assicurando la presa in carico o l’attivazione dei nuovi servizi territoriali previsti dalla riforma senza smantellare nulla di quanto necessario all’attività ospedaliera, salvandone così la totale integrità (nonostante - dicono i maligni – pare che da Milano avessero suggerito senza tanti giri di parole di tagliare da una parte per aggiungere dall’altra) e potenziando persino qualche ambito di intervento. Questo, in pratica, consentirebbe di autorizzare il riconoscimento dell’azienda ospedaliera senza «impazzire» nel trovare il modo per separare nuovamente l’ospedale dal territorio. Il che non è cosa da poco.
Il secondo aspetto su cui puntare - indiscutibilmente di maggior peso (purtroppo…) - è invece legato alle elezioni regionali in programma la prossima primavera, e alla relativa campagna elettorale, durante la quale i contendenti (destra, sinistra, centrodestra, centrosinistra e chi più ne ha, più ne metta) prometteranno e garantiranno di tutto e di più. Perché, dunque, non approfittarne per incassare «il premio»? Tanto più che il tema della sanità, in particolare in Lombardia (80% del bilancio regionale…), è quello che da anni riscuote il maggior interesse degli elettori. E per restare in politica, c’è un altro tema che potrebbe ingolosire chi regge (o reggerà) il Pirellone a rendere autonomo l’ospedale di Bergamo (e magari non solo quello), autorizzando di fatto la creazione di una nuova Azienda socio sanitaria destinata a prendere in gestione la parte territoriale lasciata dal «Papa Giovanni». Dalle quattro attuali (l’Ats e quelle che fanno capo agli ospedali di Bergamo, di Seriate e di Treviglio), si passerebbe infatti a cinque strutture «gestionali», un numero interessante per garantire senza troppe frizioni la consueta applicazione del «manuale Cencelli» nella distribuzione delle rispettive direzioni generali. Annotazione valida sia nel caso in cui le urne confermassero lo scenario disegnato in Lombardia dalle elezioni politiche del 25 settembre scorso sia nel caso (e a maggior ragione data la marcata frammentazione dei movimenti in campo) il centrosinistra riuscisse a ribaltare i pronostici della vigilia. Una provocazione? Chissà...
E già che siamo in argomento, una piccola richiesta a chiunque occuperà il 35° piano di Palazzo Lombardia la prossima primavera: si cerchi di aver maggior rispetto di Bergamo e dei Bergamaschi nell’attribuzione delle cariche di cui si è detto, evitando di trasformare la nostra provincia in terra di conquista di manager bravi a «servire» la politica, un po’ meno ad avere una visione lungimirante e di spessore, capace di immaginare la sanità del futuro non solo guardando i bilanci, ma tenendo in massimo conto i bisogni dei malati. Il Capo dello Stato lo ha detto chiaramente venerdì, intervenendo alla celebrazione de «I giorni della ricerca»: «La Sanità pubblica - ha detto Sergio Mattarella - ha il compito di mantenere alta la sicurezza, soprattutto dei più fragili, dei più anziani, di coloro che soffrono per patologie pregresse». E ancora: «La pandemia ci ha fatto capire quanto sia importante il Servizio Sanitario Nazionale e quanto sia prezioso il suo carattere universalista, la sua vocazione a proteggere tutti i cittadini senza esclusioni». Parole che in Lombardia - dove la sanità privata, pur facendo da stampella ad un servizio pubblico traballante, occupa spazi significativi - valgono ancora di più. E un «Papa Giovanni» azienda ospedaliera votata a questa missione sarebbe una garanzia in più.
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