Ora si apre la prevista ferita moldava

Italia. Per comprendere ciò che accade nel mondo sarebbe utile abbandonare le personali categorie di pensiero per assumere quelle dei popoli oggetto dei nostri giudizi.

Nell’Europa occidentale l’influenza dell’impero americano può essere considerata un problema, nella parte orientale del continente invece le preoccupazioni riguardano le ambizioni dell’imperialismo russo. A Ovest si dibatte sul ruolo della Nato, a Est l’Alleanza atlantica è considerata la risposta alle paure per il giogo espansivo del Cremlino. L’Ucraina sta pagando tragicamente la volontà del suo popolo - espressa attraverso le istituzioni che si è scelto - di affrancarsi dalle ambizioni di Mosca. Un caso scuola è poi quello della Moldavia, lo Stato più piccolo (3,5 milioni di abitanti) e più povero dell’Europa continentale, che non ha mai chiesto di far parte della Nato ma che nella maggioranza dei suoi cittadini si sente europeo, pur dichiarandosi neutrale. Il Paese è abitato da diverse minoranze, in particolare ucraini (11,23%) e russi (9,39%). Una parte del suo minuscolo territorio non è più sotto il controllo del governo di Chisinau: si tratta della Transnistria, auto proclamatasi Repubblica indipendente il 2 settembre 1990. Non riconosciuta dalla comunità internazionale come Stato, dal marzo al luglio 1992 è stata interessata da una guerra, terminata con un cessate il fuoco garantito da una commissione congiunta tripartita tra Mosca, Chisinau e la stessa Transnistria.

Quando negli anni e nei mesi scorsi Vladimir Putin ha più volte ripetuto in discorsi pubblici che «la fine dell’Unione Sovietica è stata la più grande tragedia geopolitica del ’900» rimpiangendone l’estensione geografica, i popoli delle ex Repubbliche dell’Urss hanno iniziato ad agitarsi. Meno quelle che sono sotto l’ombrello protettivo della Nato, che infatti lo «zar» non minaccia, molto quelle che ne sono fuori, dall’Ucraina alla Moldavia appunto. I tentativi di destabilizzare il piccolo Stato da parte del Cremlino sono iniziati da alcuni anni attraverso una «guerra ibrida»: disinformazione, la spinta a proteste da parte della minoranza filorussa e dell’opposizione anti occidentale. La leva principale è il partito «Shor», accreditato da recenti sondaggi all’11%, che prende il nome dall’oligarca Ilan Shor, scappato in Israele per sfuggire alla sentenza che nel 2017 lo ha condannato a sette anni e mezzo di carcere per il più grave scandalo della storia moldava: un miliardo di euro rubato alle tre principali banche del Paese, in combutta con Mosca. Shor dall’estero manovra il suo movimento che nei giorni scorsi è stato protagonista di una protesta a Chisinau contro il rincaro dell’inflazione e per chiedere le dimissioni del governo della presidente Maia Sandu e le elezioni anticipate. Un gruppo di manifestanti ha tentato di fare irruzione nella sede dell’Esecutivo ma è stato bloccato dalla polizia che ha eseguito alcuni arresti. Nel piccolo Paese crescono le preoccupazioni su un possibile piano del Cremlino per organizzare un colpo di Stato.

Le critiche riguardo all’espansione della Nato a Est andrebbero accompagnate dall’evidenza del vuoto di un’Europa veramente unita politicamente e con capacità difensive autonome. Senza dimenticare però che nell’Alleanza atlantica si entra non per cooptazione ma in seguito alla richiesta degli Stati candidati che deve essere approvata dai Parlamenti nazionali e poi da quelli dei 28 Stati membri della Nato. Attualmente l’adesione della Svezia è bloccata dalla Turchia mentre l’Ungheria nei prossimi giorni voterà anche sull’ingresso della Finlandia. Pure Bosnia e Kosovo hanno chiesto di entrare nell’Alleanza temendo le politiche destabilizzanti attuate dalle minoranze serbe con il sostegno di Belgrado e di Mosca. Il confine orientale dell’Europa dell’Est è il crinale della contesa fra imperi americano e russo. Comprendere le preoccupazioni dei popoli che vivono in quell’area è un esercizio quantomeno di onestà intellettuale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA