Ora ripartire
dai cantieri

Onestà, intelligenza, gusto del futuro in un Paese che è al 53° posto nella corruzione percepita sono rivoluzionarie. Le ha pronunciate Mario Draghi alla presentazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al Parlamento. L’Italia è un Paese fragile. Nel 2019 ha registrato la più bassa crescita nell’Ue, e ha un indice di competitività (Global Competitiveness Index) peggio dell’Islanda, nota nel mondo non certo per la sua manifattura. L’economia in nero è calcolata dall’Oecd intorno al 20%, la seconda dopo la Grecia. La conferma del capo del governo viene dopo anni di retorica. La pandemia e i conti pubblici hanno fatto capire che un po’ di realismo non guasta. All’Italia non basta più essere un Paese fondatore. Il colloquio di Mario Draghi con la presidente della Commissione europea lo testimonia: 191,5 miliardi erogati dall’Ue richiedono garanzie.

Alle obiezioni di chi teme il malaffare italiano il presidente del Consiglio ha dovuto assicurare riforme ancor prima di piani di spesa. Alla Commissione nutrono gli stessi dubbi che hanno tormentato la politica responsabile a Roma in tutti questi anni. Una corruzione quotidiana e pervasiva, quella che ha indotto il legislatore a caricare le norme di codicilli, di richieste di autorizzazione, di controlli preventivi. Si voleva prevenire, ma alla fine il sospetto ha preso in ostaggio il Paese e ne ha influenzato la condotta. Il risultato è stata la paralisi. Secondo i dati Ance per un appalto da 100 milioni in su ci vogliono sedici anni. Si è arrivati alla fuga dalla firma di molti amministratori timorosi di cadere in qualche cavillo e quindi di trovarsi di colpo in tribunale. A tutto questo il governo Draghi deve porre termine.

Può contare sull’assenso obbligato della politica. È la cultura dell’emergenza che induce a fare perché non c’è più tempo per litigare. Velocizzare gli iter procedurali vuol dire concedere fiducia. La digitalizzazione è lo strumento. Rendere trasparenti le procedure, qualificare le stazioni appaltanti e soprattutto ridurre gli adempimenti e gli oneri per le imprese tramite il fascicolo virtuale dell’operatore economico sono i passaggi per tenere sotto controllo il fenomeno. Non certo per eliminarlo perché alcuni comportamenti sociali sono troppo radicati nel modo di essere per poter pensare di annullarli d’imperio. Si legge che per la sola provincia di Napoli gli assegni per il reddito di cittadinanza equivalgono a quelli di tutto il Nord Italia. Sproporzioni che lasciano intendere un approccio certamente diverso verso il bene pubblico. Il governo non ignora tutto questo e annuncia il cambiamento. Applicare il modello Genova (la ricostruzione del ponte Morandi) è certamente allettante. Vuol dire mettere in capo a pochi soggetti la responsabilità dei lavori e quindi semplificare le procedure.

È quello che fanno in Europa e in America dove si parte dall’idea che colui che opera con i fondi pubblici sia in buona fede. Il controllo quindi non è automatico e di norma si verifica dopo, non prima. Ma c’è una differenza fondamentale. In questi Paesi vi è certezza della pena. Ovvero colui che viene meno alla fiducia viene condannato per i reati commessi e gli si applica un «enforcement» che garantisce sulla espiazione, come monito per chi lo volesse imitare. Bernie Madoff il più grande truffatore americano del nuovo secolo, già presidente del Nasdaq alla Borsa di Wall Street, è stato condannato a 150 anni di reclusione. Era malato grave ed è morto a 83 anni in questi giorni in carcere. In America dura lex sed lex è un motto latino ancora vivo e a volte viene attuato con brutalità. Da noi non c’è bisogno di prenderlo alla lettera. Basta rispettarne lo spirito.

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