Occidente in alto mare, Italia in mezzo alla tempesta

MONDO. L’Occidente intero è nel vivo di una tempesta perfetta, ed è giusto chiedersi cosa accadrà già nell’immediato all’Italia, piccola scialuppa in mezzo ai marosi, sovranista del nulla. Il mondo un tempo chiamato libero, stava male di salute già da un po’, ma ora è davvero entrato nel cuore dell’uragano.

In pochi giorni, il capo della più grande democrazia mondiale ha dato segni di palese difficoltà personale e un Paese chiave dell’Europa come la Francia ha messo in crisi i fondamenti della République. La prima economia continentale boccheggia. Un’altra antica democrazia come il Regno Unito non ha il coraggio di ammettere l’errore di aver lasciato l’Unione Europea.

Sembra l’avverarsi della profezia di Vladimir Putin che pochi anni fa, sottovalutato, aveva descritto quello che noi definiamo libertà, mercato, confronto, scelta elettorale democratica, stato di diritto come resa, libertà eccessiva dei costumi, sfrenatezza capitalistica. Mancava solo di evocare la polizia morale, ma a quello già provvedono amici e alleati, che dall’Iran alla Corea del Nord, dalla Cina all’Africa vedono solo vantaggi nella crisi occidentale. L’esito delle elezioni altrui, in questi luoghi che non votano, equivale a grandi vittorie senza bisogno di urne.

Fa paura anche a tutti noi lo sbandamento che sembra mettere in dubbio l’importanza delle grandi conquiste liberali che, in quanto tali, sono effettivamente sempre a rischio: i diritti civili, la possibilità di scegliere anche di sbagliare, il welfare. Cose che peraltro attirano il desiderio di milioni di persone, disposte a morire pur di raggiungerle e a scendere in piazza come in Georgia per respingere il modello russo.

L’Italia, in questo quadro generale, avrebbe qualche piccolo vantaggio: innanzitutto ha fatto in tempo a capire la fallace avventura del populismo, che l’ha colpito tra i primi Paesi. Cominciando ovviamente dai più deboli – Grecia e Spagna compagni di sventura, Gran Bretagna ancora nostalgica del passato – ma ora se ne sta liberando, anche se il virus – mutandosi in nazionalismo e destra estrema – prosegue sotto altre forme e ha toccato nel frattempo Francia e Germania, alcuni dell’Est nonché persino l’Olanda del rigore e naturalmente gli Stati Uniti.

È anche un vantaggio avere da noi un governo con una maggioranza e un’opposizione eterogenee e contraddittorie (filo Ucraina e anti Nato a braccetto) ma consolidate da risultati elettorali almeno più chiari.

Ma quando scattano le tempeste perfette e dunque il «si salvi chi può», bisogna avere le cose a posto, perché nessuno ti fa più sconti. Non c’è da fidarsi dei nuovi amici, soprattutto se sei un po’ di qua e un po’ di là, e rischi di perdere i vecchi e i nuovi. Se poi nella prima fase di una complicata trattativa europea, puoi solo scommettere sul caos. Non conviene, perché l’Italia ha bisogno di normalità, non di una Francia allo sbando o di un’Europa acefala.

Isolarsi ad un certo punto con un Orban che fa innanzitutto i propri interessi non porta vantaggi, se hai il debito più alto del continente, se non hai i soldi per rispettare il nuovo patto di stabilità e se sei sotto procedura di infrazione (che non ti consente di avere aiuti dalla Bce) e se fai il «bullo», unico tra 27 Paesi, a bloccare il Mes, che è solo un ombrello finanziario (a buon mercato) in caso di crisi finanziaria. Al quale dici no perché «non ti fidi» dell’Europa! Senza parlare della continua presa in giro sul tema della concorrenza (balneari, mercati, taxi ecc.) che in Europa è un pilastro costitutivo.

Si scherza col fuoco, e se la tempesta rovescia la barca non bastano i buoni rapporti formali, i baciamano di Macron e di Scholz, né le pacche sulle spalle dei colleghi sovranisti. Italia fuori dell’Europa ancor prima degli ottavi di finale ed è patetico lamentarsi che l’Europa non ti consideri – tu Paese fondatore – dopo che hai passato il tempo a scagliare invettive contro i burocrati di Bruxelles. Può salvarti solo la politica (Meloni sembrava conoscerne le regole) e cioè l’eventuale benevolenza (non gratuita e non spontanea) degli odiati Macron, Scholz e von der Leyen.

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