Numeri, qualità e sano realismo

ITALIA. E adesso inizia il difficile, perché normalmente una volta arrivati in cima si può solo scendere. Nell’attesa va però preso atto con (grande) soddisfazione che Bergamo è la provincia italiana con la più alta qualità della vita.

Lo dice Il Sole 24 Ore, autorevole quotidiano economico-finanziario, non proprio l’ultimo foglio di paese. Al di là di quelle visioni - fortunatamente minoritarie - eternamente sospese tra il complotto e il disfattismo militante questa classifica è da sempre presa in grande considerazione: come stimolo a migliorarsi quando le cose non andavano bene (ed è successo, eccome...) o a conferma dei progressi in atto, come per il quinto posto dell’anno passato, celebrato come un grande successo. Fatta questa premessa, la classifica ha sì un’indubbia autorevolezza ma come tutti i numeri va letta in controluce e senza cadere in facili entusiasmi di maniera. Per capirci, nella Bergamasca si vive bene, difficile sostenere il contrario, ma questo non vuol dire che tutta vada davvero bene. Proprio no.

Un punto di partenza

Questo primato è semmai un punto di partenza, non d’arrivo. Lo conferma l’analisi delle singole voci di una classifica scalata sommando tante voci dalla valutazione medio-alta e non molti primati, quindi ci sono ancora importanti margini di miglioramento. Dall’altra parte questo risultato è comunque una significativa risposta ad un certo qual disfattismo di maniera da social che si ostina a voler far passare Bergamo come una sorta di terra di frontiera in balia di chissà quale degrado culturale e sociale. La verità è che la stragrande maggioranza delle amministrazioni locali è ben amministrata,indipendentemente dal colore partitico, perché questo è da sempre un territorio dove si fa politica dal basso e con grande serietà. Ed è sempre dal basso che si sostiene (in taluni casi rafforza, affrontando nuove sfide) tutto quel tessuto sociale che ha sempre fatto la differenza nel nostro quotidiano, dal volontariato alla cultura. Ed è soprattutto qui che vanno trovate le ragioni di questo risultato, insieme alla capacità di fare sistema quando necessario.

Evidente che a un’alta qualità della vita corrisponda un aumento della forbice tra classi sociali e lo conferma anche un dato fuori classifica , quello che vede Bergamo sì nella top ten ma per l’aumento del tasso d’inflazione

Ma proprio guardando dentro i numeri si capisce che c’è ancora molto da lavorare, anzi sempre, perché in un contesto sempre in mutazione spesso è difficile dare risposte giuste e tempestive. Per esempio è evidente che a un’alta qualità della vita corrisponda un aumento della forbice tra classi sociali e lo conferma anche un dato fuori classifica , quello che vede Bergamo sì nella top ten ma per l’aumento del tasso d’inflazione. Come è pure evidente che a un aumento dell’occupazione non faccia sempre seguito una migliore qualità del lavoro, anzi, o una maggiore infrastrutturazione non sia necessariamente indice di adeguata tutela dell’ambiente, solo per fare alcuni esempi quotidiani che proprio questa classifica, se letta con oggettività, fa intuire. E il medesimo discorso si può fare per temi da sempre delicati come la sanità e la sicurezza dove le zone d’ombra rimangono, al di là delle rassicuranti posizioni in graduatoria.

A un aumento dell’occupazione non fa sempre seguito una migliore qualità del lavoro, anzi, o una maggiore infrastrutturazione non è necessariamente indice di adeguata tutela dell’ambiente, solo per fare alcuni esempi quotidiani che proprio questa classifica, se letta con oggettività, fa intuire

Serve realismo

Ecco, mai come di fronte a un risultato del genere serve quindi una massiccia dose di realismo, quella che - va detto - non è mai mancata ai bergamaschi, fieri ma allo stesso tempo decisamente concreti. Insomma, la direzione è quella giusta, i risultati ottimi ma allo stesso tempo c’è ancora molta strada da fare. Di certo, questa scalata conferma come la nostra comunità poggi su un sistema di valori forti e messaggi positivi ed è questo che fa ben sperare: sono gli stessi che ci hanno permesso di ripartire dopo la tragedia del Covid e che consentono di guardare a questi numeri con la giusta distanza. Lontani dal disfattismo a prescindere dei soloni da tastiera così come dai facili trionfalismi, perché forse alla fine il segreto è questo: saper guardare in faccia la realtà per provare a cambiarla.

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