Nord Corea con Putin. L’escalation non indigna

MONDO. Dall’inizio dell’invasione russa su larga scala, oltre due anni e mezzo fa, il «rischio escalation» è stato paventato nell’Europa occidentale ogni qualvolta l’Ucraina ha chiesto un supporto militare maggiore o di poter utilizzare gli armamenti ricevuti dagli alleati per colpire obiettivi non civili oltre confine.

I dinieghi confermano che non è in corso una guerra per procura per sconfiggere la Russia tramite Kiev, altrimenti il Paese aggredito avrebbe ricevuto il supporto richiesto e non il 60%, in ritardo e non di rado armi di «seconda mano». L’Ucraina avrebbe bisogno di 80 caccia F 16 e di 25 sistemi antimissile per difendere rispettivamente i cieli e il proprio territorio dai quotidiani bombardamenti su edifici civili (case, ospedali, scuole...) ma ha ottenuto una decina di velivoli nell’agosto scorso e dispone di sette «scudi» per proteggere le città.

Lo Stato invaso rappresentava un tale pericolo per la Russia che dal famigerato 24 febbraio 2022 ha perso il controllo del 20% del Paese e fatica a difendersi. Si parlò di rischio escalation anche quando l’esercito di Kiev nell’agosto scorso conquistò uno spicchio di terra russa oltreconfine, nella regione di Kursk. Il punto finale di quel rischio è un possibile utilizzo di ordigni nucleari nel conflitto da parte del Cremlino. La minaccia è tutta nella responsabilità grave di Mosca e Vladimir Putin è abile nell’utilizzarla come arma psicologica per impaurire le opinioni pubbliche europee: infatti i sondaggi hanno registrato nel tempo un calo del sostegno alla causa ucraina, indebolito proprio dal comprensibile terrore di una guerra atomica.

L’escalation russa in Ucraina

L’escalation sul popolo aggredito invece è in atto dai primi giorni dell’invasione su larga scala, che doveva essere davvero un’«operazione militare speciale» come la chiama Putin: arrivare a Kiev in pochi giorni e disarcionare il legittimo governo per sostituirlo con uno di proprio gradimento. Ma il piano fallì. Non fu escalation l’eccidio di Bucha nel marzo 2022, quando 500 civili (su 2mila residenti presenti allora nella cittadina) furono giustiziati uno a uno da battaglioni di Mosca penetrati dalla Bielorussia? Non fu escalation l’assedio di Mariupol, distrutta e conquistata tra febbraio e maggio 2022, provocando 25mila vittime? Non fu escalation il trasferimento a forza di migliaia di minori ucraini in Russia? E non lo è stato l’aver portato le spese militari del Cremlino al 7% del Pil, pari al 30% del bilancio statale?

Soldati nordcoreani a Kursk

È di questi giorni invece la notizia dell’invio di 8mila soldati nordcoreani nel Kursk per respingere l’esercito di Kiev, per poi combattere nello Stato occupato. Da mesi Pyongyang rifornisce Mosca di missili, l’Iran di droni esplosivi utilizzati anche per uccidere civili.«Rimarremo fermamente accanto ai compagni russi fino al giorno della vittoria sull’Ucraina» ha detto la ministra degli Esteri nordcoreana Choe Song Hui mentre venerdì scorso era in visita a Mosca. «Penso che la reazione occidentale all’invio di soldati nordcoreani sia stata nulla» ha affermato a ragione Volodymyr Zelensky.

Lo sviluppo del conflitto

Putin è restio alla sempre più impopolare chiamata alla leva di altri civili e la Russia dispone di una superiorità anche grazie al ritorno sul campo dei paramilitari della compagnia privata Wagner e di migliaia di miliziani asiatici. Inoltre non si dà «linee rosse»: la campagna di bombardamenti di edifici civili e di centrali elettriche ha lo scopo di terrorizzare la popolazione ucraina inducendola alla resa o alla fuga. In virtù di una superiorità pure in armamenti, l’inerzia della guerra è a favore del Cremlino: ha conquistato solo decine di villaggi nel Donbas ma non ha perso nulla di ciò che aveva già occupato.

Grazie a questa superiorità, al recente vertice dei Brics in Russia, Putin ha ribadito di essere pronto a prendere in considerazione ogni opzione per la pace «sulla base della situazione reale sul terreno, per nient’altro». Cioè il riconoscimento dell’occupazione, in risposta al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres che allo «zar» aveva appena chiesto invece una pace giusta ribadendo che «l’invasione viola la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale».

Se un negoziato si concluderà con la spartizione dell’Ucraina, nel segno del rispetto dei rapporti di forza e del realismo cinico, resterà aperta la questione della sicurezza di Kiev. Mosca chiede anche la neutralità del vicino, non accetterebbe soldati della Nato al confine né probabilmente caschi blu dell’Onu. Ma è questione cruciale per evitare una terza possibile invasione dopo quelle del 2014 (annessione illegale della Crimea e sostegno militare ai separatisti del Donbas) e del 2022. Anche questa è stata un’escalation.

© RIPRODUZIONE RISERVATA