Non basta un certificato per essere genitori

ITALIA. Genitori si è o si diventa? Finora lo si era perché si metteva al mondo un figlio, adesso lo si può diventare anche grazie a un certificato. L’Eurocamera di Bruxelles ha approvato un «certificato di genitorialità» che, una volta concesso da uno Stato membro dell’Unione Europea, dovrà essere riconosciuto da tutti gli altri Stati.

L’obiettivo è quello di «armonizzare il diritto di famiglia» presente nei 27 Paesi dell’Unione in modo da «garantire ai figli minori di ogni coppia le stesse tutele legali». Di conseguenza questo certificato potrà essere negato solo «per motivi rigorosamente definiti e dopo una valutazione individuale, per evitare discriminazioni». Ma soprattutto si dice che «la genitorialità deve essere riconosciuta indipendentemente da come un bambino è stato concepito, è nato o dal tipo di famiglia che ha». Infatti per i promotori c’è un rischio «discriminazione» per i bambini che fanno parte delle cosiddette «famiglie Lgbt» formate da coppie di persone omosessuali o lesbiche o transessuali.

Secondo le stime della Commissione, i minori lasciati nel «vuoto normativo» da situazioni come queste sono circa due milioni in Europa. Poiché le Costituzioni nazionali oltre alla Carta internazionale sui diritti dell’infanzia bambino e il Diritto di famiglia, tutelano tutti i bambini, anche quelli nati fuori dal matrimonio o da tecniche di procreazione assistita eterologa o adottati, ci si chiede in cosa consista questa discriminazione. Non certo in quanto persone. Anzi in quanto bambini hanno diritto alla maggior tutela da parte delle istituzioni.

Il problema riguarda quindi le coppie Lgbt che si trasferiscono da uno Stato all’altro. Se una coppia gay sposata in Spagna e con un figlio, si trasferisce in Italia, a entrambi i genitori (anche quello non biologico) dovrebbe essere riconosciuto, ad esempio, il diritto di andare a prendere il piccolo a scuola e di interagire con i suoi insegnanti. Allo stesso modo al bambino dovrebbe essere riconosciuto il diritto di ereditare una eventuale casa di uno dei due genitori. A questi problemi il nostro ordinamento familiare, che è uno di più attenti ai minori, prevede che per avere in consegna i bambini è valida una delega scritta dal genitore e invece per ereditare è sufficiente inserire il beneficiario nel testamento. Se invece la questione è un figlio, avuto da maternità surrogata da coppie gay unite in matrimonio civile all’estero, quando il padre biologico arriva in Italia lo iscrive all’anagrafe e da quel momento ha tutti i diritti e le tutele di qualsiasi altro bambino. L’altro «papà» può intraprendere la via indicata dalla Cassazione che è quella dell’adozione in casi speciali. La stessa prassi vale per un uomo che sposa una donna con un figlio, che aveva già avuto da nubile. In questo modo il padre o la madre adottiva assumono nei confronti del figlio del partner la stessa responsabilità genitoriale del padre o della madre biologica. Questa procedura garantisce a entrambi i genitori (biologico e adottivo) di agire in qualità di rappresentanti legali del minore. Qualora ci fossero altre situazioni, non coperte dalle norme attuali, si può sempre ricorrere al tribunale per i minorenni.

Se infine il problema è la libera circolazione di queste famiglie tra gli Stati europei come la stessa Corte europea ha stabilito è sufficiente la carta di identità o il passaporto del minore emesso dallo Stato membro. Per cui l’introduzione di un Certificato di filiazione e genitorialità europeo secondo i giuristi sarebbe addirittura «sproporzionato» rispetto a ciò che vuole tutelare a meno che si voglia con questo superare le singole legislazioni nazionali per far passare il riconoscimento delle unioni matrimoniali gay e della maternità surrogata lecita in Olanda e Belgio. Non basta un certificato per essere genitori. Il legame con il proprio figlio deve essere tanto affettivo quanto reale.

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