Natalità,questione esistenziale per la società

Non succede ogni giorno di veder intervenire il presidente del Consiglio e il Papa nella stessa occasione pubblica e sullo stesso argomento, peraltro con una significativa condivisione di analisi e intenti. Dunque quanto accaduto ieri, con Mario Draghi e Papa Francesco che hanno scelto di parlare uno dopo l’altro agli Stati Generali della Natalità, è di per sé il segno di un’inedita rilevanza che il Governo italiano e la Santa Sede attribuiscono al tema del declino delle nascite nel nostro Paese, alle sue conseguenze e alle strategie con cui contrastarlo. Il Santo Padre non ha esitato, in continuità con altri interventi durante il suo pontificato, a parlare di un «inverno demografico ancora freddo e buio» che caratterizza l’Italia.

Ricorrendo a un lessico più appropriato di quello di chi ancora si attarda a parlare di «autunno demografico» o di «emergenza demografica», ha negato il carattere graduale o imprevisto della situazione: in Italia nel 2020 le nascite sono state 404 mila, 342 mila in meno dei decessi registrati nello stesso anno, il dato più basso dall’Unità d’Italia, eppure questo record non può farci dimenticare che gli squilibri demografici vengono da lontano. L’Italia, per dire, già nel 1995 divenne il Paese con meno figli per donna (1,19 in media) nel mondo, e nello stesso anno il primo Paese della storia contemporanea dove i giovanissimi erano meno numerosi degli anziani.

«Eppure tutto ciò – ha notato Papa Francesco – non sembra aver ancora attirato l’attenzione generale, focalizzata sul presente e sull’immediato». Così il Pontefice ha puntato il dito verso le ragioni etiche e culturali, non solo economiche, che spiegano sia il calo delle nascite sia la disattenzione che a lungo ha avvolto il fenomeno. Ha evocato il presentismo e il narcisismo come ossessioni che caratterizzano tanti di noi, fenomeni tra l’altro che hanno attirato l’attenzione anche di alcuni pensatori laici tra i più illuminati. D’altronde la giustizia intergenerazionale da ricostruire è un cardine della riflessione del Papa, secondo il quale «si parla spesso di sostenibilità economica, tecnologica e ambientale e così via. Ma occorre parlare anche di sostenibilità generazionale. Non saremo in grado di alimentare la produzione e di custodire l’ambiente se non saremo attenti alle famiglie e ai figli. La crescita sostenibile passa da qui. La storia lo insegna».

La natalità, dunque, come questione letteralmente «esistenziale» per una società. Lo ha ribadito il presidente del Consiglio Draghi quando ha detto che «un’Italia senza figli è un’Italia destinata lentamente a invecchiare e scomparire». Il capo del Governo, sfidando un vecchio luogo comune, ha affermato che le ragioni della scarsa natalità sono solo in parte economiche e reddituali. Sulla scelta di concepire un figlio pesano maggiormente la mancanza di sicurezza e stabilità nel medio-lungo termine, le prospettive future di crescita dei giovani e di un intero Paese. Da qui l’idea di un intervento su molteplici piani: riordinare bonus e sussidi creando al loro posto una misura elogiata dallo stesso Pontefice, l’assegno unico universale per i figli; ma anche impiegare le risorse pubbliche (incluse quelle del Recovery Fund) per interventi che mettano un numero maggiore di donne e di giovani in condizioni di lavorare, rafforzando in primis servizi per l’infanzia e formazione, o garantendo l’accesso alla casa.

Draghi, infine, ha lasciato intendere che perseguire un maggiore equilibrio demografico in Italia non conviene soltanto dal punto di vista economico (tenuta della forza lavoro e della capacità imprenditoriale, sostenibilità del welfare pubblico, eccetera) ma risponde a esigenze di giustizia e libertà. Posto che in una democrazia liberale le scelte riproduttive competono ovviamente a ciascun cittadino, senza intromissioni dello Stato, il presidente del Consiglio ha sollevato infatti il problema di milioni di giovani italiani che – secondo i sondaggi – di figli ne vorrebbero almeno due, eppure nella vita reale rimangono molto lontani da quest’obiettivo. Ecco perché la natalità declinante, nel XXI secolo, diventa innanzitutto questione di opportunità e libertà negate per chi un figlio o un figlio in più lo desidera. Un altro dilemma etico, la cui soluzione può unire laici e religiosi.

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