Natalità, il Papa
parla a tutti

La denatalità da record e la complessiva crisi demografica del mondo occidentale sono il prodotto di un «certo egoismo» e a loro volta causa di contraccolpi gravi per padri e madri mancati, per la «civiltà» e la «patria». Questo, in estrema sintesi, il pensiero di Papa Francesco che ieri in Udienza generale è intervenuto su uno dei temi che gli sono più cari, considerata la frequenza con cui ci torna, «l’inverno demografico» che investe in modo particolare l’Italia e il nostro continente.

La forza e l’attualità del messaggio del Pontefice sono tali da contenere moniti e insegnamenti utili per i credenti e non soltanto per loro, specialmente in Italia dove il declino della popolazione è tema che ancora troppo di frequente finisce sotto i riflettori soltanto in occasione di un qualsiasi record negativo segnalato di tanto in tanto dall’Istat o dall’Inps, per poi tornare a essere sommerso da altre (presunte) urgenze.

Le parole di Francesco, invece, invitano tutta la società a una riflessione non estemporanea. Il Pontefice, per prima cosa, ha puntato il dito sulla dimensione «individuale» della crisi demografica italiana. Le culle vuote sono infatti la conseguenza di «un certo egoismo». «La gente non vuole avere figli, o soltanto uno e niente di più. E tante coppie non hanno figli perché non vogliono o ne hanno soltanto uno perché non ne vogliono altri, ma hanno due cani, due gatti… Eh sì, cani e gatti occupano il posto dei figli. Sì, fa ridere, capisco, ma è la realtà». In maniera piana e immediata il Papa ha lanciato così un messaggio controcorrente rispetto a chi identifica soltanto le difficoltà economiche come motivo del calo delle nascite. A dar retta a una simile vulgata, infatti, non si spiegherebbe perché il tasso di fecondità medio in Italia scende ininterrottamente dagli anni Settanta, in contemporanea con l’ingresso del nostro Paese tra le Grandi potenze economiche del pianeta. Né si capirebbe, se si accettasse la sola lettura economicistica, perché oggi la spesa per consumi personali (dai viaggi allo sport, passando per cibo e gadget per gli animali domestici, appunto) sia a livelli mai così alti da decenni e invece le nuove nascite non siano mai state così poche fin dall’Unità del Paese nel 1861. Intendiamoci, la complicata fase economica non è estranea agli attuali squilibri demografici, ma a incidere sono più le aspettative incerte sul futuro che le difficoltà contingenti. Tuttavia la bassa natalità, come lascia intendere con buone ragioni Papa Francesco, è soprattutto spia di scelte individuali figlie della cosiddetta «età del narcisismo», di una ossessione di sé che pervade tanti di noi, che spinge a non subordinare quasi mai i nostri bisogni o interessi a quelli degli altri, una forma di presentismo che nasconde quasi una incapacità di sentirsi vincolati nella catena delle generazioni.

A questa dimensione «individuale» del problema, il Papa ha accostato in seconda battuta le conseguenze collettive di ciò. «Così la civiltà diviene più vecchia e senza umanità, perché si perde la ricchezza della paternità e della maternità. E soffre la Patria, che non ha figli e – come diceva uno un po’ umoristicamente – “e adesso chi pagherà le tasse per la mia pensione, che non ci sono figli? Chi si farà carico di me?”: rideva, ma è la verità». In altre parole, mettere al mondo un figlio (o un figlio in più) – pur essendo fortunatamente nella società d’oggi una libera opzione a disposizione dell’uomo e della donna – è anche un bene collettivo. Sarebbe miope negarlo, nel momento in cui – come ha osservato il Pontefice – ci preoccupiamo poi per la scarsa sostenibilità del sistema previdenziale. E questo è soltanto uno fra i tanti esempi possibili di difficoltà collettive originate dagli squilibri demografici: si aggiungano le difficoltà per tutto il sistema di welfare, le ricadute per pilastri della società che diamo per scontati come la scuola, il progressivo restringimento della forza lavoro, il venir meno di vitalità imprenditoriale e innovativa.

In questo senso, nelle parole di Papa Francesco è risuonato un allarme originale e allo stesso tempo letteralmente universale, che riguarda tanto i credenti quanto i laici. Prenderne piena coscienza è la premessa indispensabile per dedicare la giusta e necessaria attenzione a politiche pubbliche e scelte private che possano contribuire a invertire la rotta.

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