Morte di Gioele
Ferita per tutti

La vicenda della scomparsa della madre col figlioletto avvenuta il 3 agosto scorso, dopo un incidente stradale, è diventata un giallo, con ricostruzioni divergenti o implausibili (lei che fugge dopo l’incidente stradale in galleria lasciando la sua creatura morta nell’auto: anche questo è stato scritto). Non arriveremo mai a scoprire cosa è scattato nella testa di quella donna di 43 anni, che come il marito viveva di musica facendo la dj, dopo lo schianto, perché è scappata con Gioele scavalcando il guardrail dell’autostrada e inoltrandosi nei boschi.

Stiamo ai fatti: la mamma aveva sofferto di depressione durante il lockdown (è capitato a tanti, a più di quanti si creda), terrorizzata dalla possibilità di un contagio di Covid. Il 17 marzo in ospedale le erano stati diagnosticati disturbi della personalità. L’incidente con un furgone ha provocato un doppio ribaltamento dell’auto sulla quale viaggiava con il figlio, probabilmente scatenando nella donna uno choc, che l’ha portata alla scelta conseguente di allontanarsi e sparire. Una famiglia normale, dicono i vicini, definizione abusata nei casi di cronaca nera che hanno per protagonisti gli appartenenti a un nucleo. Ma cos’è la normalità? Una vita liscia e una tenuta fisica senza crepe? In questo mondo competitivo, esigente e spietato la normalità è una maschera, per nascondere problemi, tanto più se psichici, che il senso comune associa erroneamente alla pazzia. E invece dietro le porte degli appartamenti di tante famiglie si nascondono tormenti, solitudini, tensioni e malattie inconfessabili che ci si vergogna a mostrare per evitare il giudizio, lo stigma dei perbenisti. La famiglia vigilava su Viviana, legatissima a quell’unico figlio.

Dopo aver abbandonato l’autostrada, la donna col bambino si sono allontanati almeno di un km nel bosco. I magistrati che indagano lavorano su diverse ipotesi: la prima è la più tremenda perché la madre avrebbe ucciso il figlioletto, poi nascosto sotto dei rami, e si sarebbe tolta la vita gettandosi dal traliccio sotto il quale è stata trovata. I familiari escludono questa ipotesi perché la mamma amava moltissimo Gioele (i due corpi sono stati trovati a 500 metri di distanza) ma quel grande amore e lo stato di choc potrebbero averla portata a una decisione irrazionale dettata dalla privazione della speranza. Un’altra strada sulla quale procede l’indagine è l’aggressione: il corpo della signora riporta fratture e quello di Gioiele è stato ritrovato in uno stato pietoso (entrambi tra l’altro straziati da animali selvatici). Saranno gli approfondimenti dei medici legali e dello stesso entomologo del caso Yara a dare ulteriori risposte. Così come andrà appurato perché il ritrovamento del bimbo è stato tardivo, sostengono gli inquirenti, 16 giorni dopo la scomparsa e in una zona già perlustrata. Ben 300 volontari avevano aderito martedì e mercoledì scorsi all’appello di Daniele Mondello, padre del piccolo, per setacciare i 700 ettari di bosco a partire dal famigerato traliccio. Dal 3 agosto invece erano all’opera 70 esperti dell’Esercito, della Forestale e dei Vigili del fuoco, con droni e cani molecolari.

Daniel Pennac ha scritto che «i bambini sono degli enigmi luminosi». La morte di un piccolo rende il mondo più povero. Ma anche di un giovane, in questo mondo di anziani pieni di saggezza e di esperienze da trasmettere ai sempre più pochi ragazzi. Dopo la strage dei cinque giovanissimi nella jeep finita fuori strada sulle montagne del Cuneese, Alberto Bianco, sindaco di Castelmagno, 54 residenti in alta Valle Grana, ha detto tra la commozione: «Abbiamo perso il 50% dei nostri giovani, è agghiacciante». Nella notte di San Lorenzo erano andati a rimirare le stelle.