L'Editoriale / Bergamo Città
Martedì 09 Giugno 2020
Miliardi a pioggia
Il difficile è ora
Dall’austerità di appena poco fa alla bulimia miliardaria, il passo è stato brusco e il rischio capogiro è forte. Ma per l’Italia è una grande occasione da non sprecare. Occorrerebbe una classe dirigente più affidabile, ma facciamone una ragione, e cerchiamo almeno di tenerla sotto tiro, perché la svolta può essere decisiva. L’ultima cannonata (ormai si usa solo un linguaggio bellico) l’ha sparata la Bce, aggiungendo 600 miliardi (un centinaio per noi) ai 750 già previsti per comprare anche i nostri titoli, impegnandosi fino almeno a metà 2021 e offrendo tassi che nell’Italietta della lira ci saremmo sognati.
Oggi, l’interesse marginale dei prestiti Bce è 0,25% e la Banca si fa pagare lo 0,5% per depositare soldi a Francoforte! I nostri piccoli Btp sono andati a ruba nei giorni scorsi perché rendevano l’1,70. Procurandoci nello stesso modo i soldi per la Sanità, anziché tramite Mes, il conto interessi sarebbe non zero ma 5,3 miliardi, l’equivalente, dice Cottarelli, del risparmio del taglio dei parlamentari per 25 anni!
Nell’immediato, con debiti e quindi sforzi tutti nostri, abbiamo stanziato 80 miliardi (Germania: 130, Francia: 200), ma ce ne sono altri 96 europei attivabili a brevissimo termine. I 20 del Sure ci consentiranno di prorogare la cassa integrazione che scade ad agosto e poi sono già pronti quelli del Mes, senza condizioni. Se li restituiamo prima, addirittura ci guadagnamo. Vanno presi, con buona pace dell’ennesima inevitabile figuraccia 5Stelle. Quello che manca è il piano sanitario per usarli, cui nessuno pensa, nonostante il colossale insegnamento della crisi pandemica. Non sarebbe una buona idea, ma una furbata, cancellare l’Irap, che pure va ulteriormente smantellata, con la scusa che finanzia la sanità. Le tasse si rimettono in ordine facendo finalmente una riforma complessiva, non usando soldi una tantum. Sono piuttosto le risorse che si risparmiano altrove, oltre a sacrosanti tagli, quelle che consentono lo spazio per combattere ad esempio la famigerata aliquota del 38% che tormenta il ceto medio! Se arriva liquidità di emergenza, ci decidiamo a pensarci, in questo contesto favorevole?
Buon per noi che l’Europa alle ultime elezioni continentali è riuscita a battere i sovranismi e i populismi e, un po’ per paura un po’ per convenienza, ci considera destinatari privilegiati. Alcuni disponibili già ora (ponte su cui incamminarsi), altri più avanti, messi in fila ci sono comunque 250 miliardi dalla Bce, 172 dalla Commissione, 36 dal Mes, 40 dalla Bei, 20 dal Sure, più i nostri a debito. Non mancano insomma i soldi, manca una forte idea di Paese, che non si troverà né con i bonus a pioggia né con i redditi garantiti, nè convocando degli Stati generali strani strani.
Molto conteranno insomma i comportamenti di questi primi mesi, specie da luglio quando la Merkel sarà la presidente di turno dell’Unione. Naturalmente anche i tedeschi non fanno beneficienza, ma hanno interesse a tener in piedi il sistema industriale più interconnesso. Prendersela con la Germania sarà però ancor più sciocco. È vero che violando i parametri hanno messo da parte 1000 miliardi che ora possono spendere come aiuti di Stato, ma la stessa libertà noi la usiamo per buttare 3 miliardi nel calderone Alitalia. E comunque Berlino riceverà dall’Europa zero a fondo perduto, noi forse 82 miliardi, parte dei 172 totali.
Sperando che arrivino tutti (sovranisti permettendo), è bene che vengano spalmati in vari anni (e recuperabili in 30!), perché la crisi sarà lunga. Quanto alle condizioni, ci sono già le indicazioni di Bruxelles, difficilmente criticabili. Già, perché solo una ignoranza da talk show tv può ironizzare per la digitalizzazione che «non si mangia». Almeno i conduttori dovrebbero spiegare che tra i mali italiani amplificati e non certo cancellati dal Covid c’è un deficit spaventoso di produttività, 20 punti sotto la Francia e 25 sotto la media Ocse, ferma immobile da 20 anni. E la produttività è quella cosa che, sola, consente i necessari, anzi urgentissimi, aumenti salariali, che a loro volta sono la premessa per aumentare i consumi, cioè quel che «si mangia».
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