L'Editoriale
Venerdì 13 Settembre 2019
Migranti, si cambia
Collegialità e più Europa
L’immigrazione è uno dei temi sui quali il Pd ha chiesto discontinuità al presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Ma i dem sanno anche che è un fenomeno sul quale si gioca parte del consenso elettorale. L’ex ministro degli Interni Matteo Salvini lo governò in solitudine, con il pugno duro e una verbosità spesso tracotante, senza remore nel porre l’equazione diffamatoria e generalizzante «immigrati sbarcati uguale criminalità». Ma quell’incontinenza verbale nascondeva anche qualche inganno. Con la politica dei porti chiusi, gli sbarchi sono diminuiti del 72,29% in un anno: meno 31.860. Ma prima di Salvini, al Viminale Marco Minniti in minor tempo riuscì a ridurre gli sbarchi del 78%, a fronte di maggiori partenze. Il ministro del Pd, contestato da sinistra, puntò sugli accordi col governo e con le tribù libiche e del Niger, il suo successore invece sulla Guardia costiera di Tripoli e sulla lotta serrata alle imbarcazioni delle ong (la senatrice a vita Liliana Segre, 89 anni, superstite dell’Olocausto, ha detto martedì in Aula: «Un mondo in cui chi salva vite, anziché premiato, viene punito mi pare proprio un mondo rovesciato»). Gli sbarchi imputabili alle ong sono peraltro solo il 10%.
Sul fronte delle espulsioni degli irregolari, il primo governo Conte ne ha portate a termine 6.500, il governo Gentiloni 7.383. Non solo: il primo decreto sicurezza abolendo il permesso umanitario ha creato altri 56 mila irregolari. Ma questo è il passato, che abbiamo voluto richiamare solo per rimarcare il cambio di passo che il presidente del Consiglio intende dare rispetto al fenomeno nel suo nuovo mandato, spostato a sinistra.
Innanzitutto la collegialità delle decisioni. Ieri lo stesso premier ha convocato a sorpresa (per come eravamo abituati) una riunione a Palazzo Chigi con i ministri competenti in materia: Luciana Lamorgese (Interni), Luigi Di Maio (Esteri), Lorenzo Guerini (Difesa) e Paola De Micheli (Infrastrutture). Oggetto la situazione della nave «Ocean Viking», delle ong Sos Mediterranee e Medici senza frontiere, con 82 migranti a bordo e che da giorni vaga tra le acque libiche, italiane e maltesi. Il governo ha incassato la disponibilità di Francia, Germania e Irlanda ad accogliere parte dei migranti. Se la collegialità nelle decisioni è la prima novità, la seconda riguarda una più insistita richiesta di collaborazione dall’Europa, ribadita da Conte mercoledì scorso nell’incontro a Bruxelles con la nuova presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ne è sortita da parte dell’Ue una disponibilità un po’ timida, ma la presidente nel suo discorso d’insediamento aveva posto una nuova gestione dell’immigrazione tra le priorità del suo mandato e sarà chiamata a risponderne anche da altri Stati: gli arrivi in Italia sono oggi poca cosa rispetto ai 20.000 della Spagna e ai 36.000 della Grecia solo da inizio anno. Intanto il 23 settembre verrà firmato un accordo (per il quale aveva lavorato anche Salvini nelle ultime sedute dei ministri degli Interni europei, dopo aver boicottato le precedenti) che prevede lo sbarco dei migranti in porti sicuri (Italia e Malta) e la loro ricollocazione in altri Paesi del continente: Francia e Germania hanno dato una disponibilità per il 25% di persone a testa.
Terzo punto sul quale il nuovo governo intende lavorare è la revisione del regolamento di Dublino: prevede che la richiesta d’asilo venga presentata nello Stato di primo approdo. Norma che penalizza non solo il nostro Paese, ma anche Grecia e Spagna come dicono i numeri citati.
Al fondo d’ogni politica in materia ci deve essere però un atteggiamento umano verso i migranti: sono vittime di guerre, persecuzioni, povertà e illusioni, non i carnefici. La nostra sbandierata civiltà ne prenda atto, uscendo dal dibattito inutile e manicheo «accoglierne nessuno», «accoglierli tutti».
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