Migranti, la polemica durerà a lungo

ITALIA. L’ultima speranza delle opposizioni e di tutta la sinistra (ma anche di una parte della magistratura) è che Sergio Mattarella non firmi il decreto varato ieri sera dal Consiglio dei ministri e lo rimandi a Palazzo Chigi con una corposa serie di osservazioni.

Il presidente della Repubblica, che nel suo ultimo pronunciamento a Bari ha rivolto un appello piuttosto stringente alla collaborazione tra istituzioni dello Stato («non limitarsi alla propria visione delle cose ma cercare la mediazione in nome degli interessi di tutta la comunità») potrebbe in effetti porre i suoi paletti alle norme sui migranti. Ma per ora nessuno può dire come si comporterà: è noto che Mattarella non vuol essere tirato per la giacca, ma anche che non ha nessun problema a far pesare le proprie ragioni.

L’obiettivo del decreto

Nelle intenzioni del Governo le nuove norme devono neutralizzare le obiezioni e le resistenze di quei giudici, come quelli di Roma, che non hanno convalidato il trasferimento dei migranti nel nuovo centro costruito dall’Italia in Albania, fiore all’occhiello della politica migratoria di Giorgia Meloni che all’ultimo Consiglio europeo ha suscitato un certo interesse fra i partner (e Paesi come la Gran Bretagna laburista) ma che adesso con le sentenze giudiziarie, rischia di diventare inoperativo.

Il decreto, che poi sarà convertito dal Parlamento, ha una maggiore forza legislativa nel definire la lista degli Stati che il governo ritiene sicuri - fino ad ora era un provvedimento del

Il decreto, che poi sarà convertito dal Parlamento, ha una maggiore forza legislativa nel definire la lista degli Stati che il governo ritiene sicuri

ministero degli Esteri - e come tale impedisce al giudice di disapplicarla appellandosi alle sentenze della Corte di Giustizia europea che, secondo il sottosegretario Mantovano, un ex magistrato, «non è vincolante» e in ogni caso, stando al Guardasigilli Nordio «non è stata ben compresa» dai giudici romani. Peraltro il Governo blinda la propria politica di contrasto all’immigrazione illegale in attesa che nel 2026 entri in vigore il Regolamento Ue, molto più stringente rispetto alle linee seguite sin qui.

Il Governo in sostanza rivendica il potere di decidere quali siano i Paesi sicuri e quali no, contesta che i giudici possano estendere la loro competenza in un tale giudizio, e dunque si preserva il diritto di rimandare indietro un migrante che provenga da un Paese dove a suo giudizio non sono in corso persecuzioni tali da giustificare l’accoglienza in Italia. Non a caso l’Egitto è considerato «sicuro» mentre egiziani erano i migranti di cui non è stato convalidato il trasferimento in Albania.

Una polemica destinata a durare a lungo

La polemica, furiosissima, è destinata a durare a lungo. Bastava sentire ieri sera le urla in televisione del sottosegretario Delmastro e di un parlamentare grillino, per rendersene conto. E fatalmente lo scontro fra maggioranza e opposizione è diretta conseguenza di quello tra governo-maggioranza e Anm. «Continueremo a lavorare a testa alta con determinazione» fa sapere Giorgia Meloni, «senza sosta e senza paura», e lo fa sapere direttamente ai giudici che a suo giudizio si muovono per una ragione di contrasto politico, giudici che - parole di

Salvini - hanno scambiato il tribunale «per un centro sociale» e «si muovono per vendetta politica». «Sono posizioni ideologiche» aggiunge il ministro Piantedosi «di chi vorrebbe una accoglienza indiscriminata». Come se non bastasse, piomba sulla politica la mail di quel giudice di Cassazione, Mario Patarnello, che definisce «pericolosa» la politica di Meloni esortando a muoversi per combatterla anche se, precisa, «non per una opposizione politica ma in nome della legge». I fulmini sul togato sono arrivati direttamente dal presidente del Senato La Russa ma è stato ancora una volta Salvini il più esplicito: «Andrebbe licenziato».

Come si vede, l’appello alla collaborazione lanciato da Mattarella stenta a trovare orecchie attente. Anche perché i magistrati sono decisamente sul piede di guerra pur giurando che «non sono contro il governo»: ma il presidente dell’Anm Santalucia si dice «basito» per le dichiarazioni di Nordio sulla sentenza di Roma, «anche perché fa presagire azioni disciplinari del governo nei confronti dei magistrati». Insomma, sarebbe «una aggressione ai magistrati che non ha precedenti».

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