L'Editoriale
Domenica 24 Novembre 2024
Merkel, i rapporti con Putin e una visione del mondo fra intuizioni e crepe
EUROPA. Nella biografia dal titolo «Libertà» emerge tutta la diversità tra Angela Merkel e Vladimir Putin.
Avanzare il dubbio che Angela Merkel fosse amica di Putin è un azzardo giornalistico. Lo zar le portava agli incontri il suo Labrador-Retriever nero, benché fosse nota la paura dell’allora cancelliere tedesco per i cani. Un modo per turbare l’interlocutrice e toglierle lucidità. Era il 2007 a Soci sul mar Nero e il cancelliere era in carica da meno di due anni. Con l’uscita in libreria della biografia dal titolo «Libertà» emerge la diversità sistemica tra l’autocrate russo e l’ex cittadina della Ddr poi balzata alla guida del governo della Repubblica federale. In comune i due personaggi che hanno segnato la vita politica d’Europa tra il 2005 e il 2021 avevano una sola cosa: la riunificazione della Germania. Per Angela Merkel «la più grande gioia della mia vita», per Putin «la più grande disgrazia del XX secolo», l’attestato politico del crollo e della fine dell’Unione Sovietica. Da questa percezione dell’autocrate russo inizia il travaglio che ha poi portato all’invasione dell’Ucraina. Due vedute diametralmente opposte che schierano l’ex cancelliere in modo chiaro e univoco nel mondo occidentale.
Il ruolo della Germania
Ma allora perché dopo l’invasione della Crimea nel 2014, il governo tedesco non interruppe i rapporti con Mosca? È la domanda che sorge spontanea. «Consideravo mio compito assicurare che l’economia tedesca potesse sfruttare la possibilità di avere gas a buon mercato», dichiara l’ex cancelliere. Al comando della più grande economia d’Europa e terza potenza industriale del mondo gli interessi del suo Paese diventano un obbligo di Stato. Segue una scuola di pensiero che l’occidente aveva fatto propria da tempo e che la globalizzazione con l’entrata della Cina nel Wto nel 2001 conferma e amplia. Nelle relazioni internazionali conta l’economia, più performante è uno Stato, tanto maggiore è il suo benessere e quindi la sua influenza sulle cose del mondo.
Le prime crepe
La politica diventa così l’ancella dell’economia. Il crescente prepotere cinese e i contraccolpi sulle economie occidentali cambiano però il quadro. La filosofia merkeliana del win-win mostra le prime crepe. Non vi sono solo vincitori. I perdenti si contano nel mondo occidentale, Stati Uniti in prima fila. Accettare che la Germania e la Cina capovolgano gli equilibri economici e geopolitici diventa duro per l’elettore americano.
Pensare che uno squilibro del genere nell’economia mondiale potesse durare è il vero peccato originale della politica merkeliana. A Berlino si è creduto di poter addomesticare Putin con il secondo gasdotto North Stream II. La Realpolitik guida il cammino e Angela Merkel sente il dovere di difendere la primazia del suo Paese. Un ruolo che la sua responsabilità politica e le sue convinzioni etiche le chiedono però di onorare. Nel 2015 le frontiere tedesche si aprono per far entrare circa un milione di rifugiati siriani.
Cosa non ha funzionato
Un’operazione che ancor oggi le viene rinfacciata come causa prima del malcontento anti immigrati che serpeggia nel Paese. La crescita esponenziale del partito cripto-nazionalsocialista AfD ne sarebbe la dimostrazione. La verità è che allora non vi erano alternative in Europa e la Germania aveva l’obbligo morale di mostrare la via. Il vero problema è stato il mancato inserimento e la difettosa integrazione, non l’accoglienza. Una questione di mezzi. Länder e comuni reclamavano fondi da Berlino che non sono arrivati. Con il famoso vincolo di bilancio ovvero il freno al debito non solo sono saltati gli investimenti nelle infrastrutture digitali e nell’elettrificazione dell’automobile ma quello fondamentale nell’elemento umano, l’unico in grado di far uscire l’industria tedesca dalla penuria di manodopera. E cosí giungiamo al punto: Angela Merkel, donna di Stato, è stata figlia del suo tempo. Vista con gli occhi di oggi, dopo appena tre anni, un’era geologica fa.
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