Mercati inquieti
Europa attendista

La reazione dei mercati alla decisione del governo italiano di portare il deficit a quota 2,4 per cento è stata abbastanza brutale: la Borsa di Milano ha bruciato venti miliardi in un giorno (ottantasei da maggio) scendendo a meno 3,7 per cento con le banche in picchiata; e lo spread è schizzato a 280 punti per chiudere a 267. Trenta punti in più di giovedì. Per fare un rapido confronto, lo spread dei titoli spagnoli è a 104 e di quelli portoghesi 139. La Francia, tanto per dire del Paese che ha fatto da apripista per i politici italiani nella decisione di sfondare il deficit, ha uno spread di appena 32 punti. Però questa risposta degli investitori è sì ruvida, ma non definitiva: anche perché non è stata superata la quota cruciale del tre per cento, come pure era stato preannunciato.
C’è chi coglie il carattere rassicurante di questa provvisorietà: in attesa sia di vedere cosa c’è effettivamente dentro la manovra e quanta spesa produttiva verrà programmata, sia di valutare l’esito della trattativa che si aprirà con Bruxelles. Senza dimenticare che a fine ottobre le agenzie di rating daranno il loro giudizio e non è detto che avvicinino ulteriormente i nostri titoli al livello junk, spazzatura, quello che escluderebbe buona parte degli investitori dalla possibilità stessa di acquistare il nostro debito.

Quindi, sì, certo, la temuta reazione è arrivata rombando, ma senza ancora scatenare il cosiddetto «panic selling», la vera fuga collettiva dall’Italia.

Un contesto che evidentemente incoraggia Di Maio, Salvini e Conte ad andare avanti sulla strada che hanno intrapreso con tanta baldanza – piegando la debole resistenza del ministro Tria - e che ora si preparano a difendere di fronte alla Commissione. Il commissario europeo Moscovici, socialista francese forse candidato del Pse alla poltrona di presidente, con fiuto politico ha subito chiarito che la manovra comporta rischi pesanti per gli italiani «che se la dovranno pagare» ma ha anche evitato accuratamente di evocare una punizione per il governo di Roma (prima la bocciatura e poi l’avvio di una procedura di infrazione) che pure – ha precisato – sarebbe nei suoi poteri. Perché questa linea morbida? «Perché non è nostro interesse andare allo scontro con l’Italia». Moscovici, che è un politico, sa bene che una eventuale bocciatura della manovra sarebbe sventolata da Di Maio e Salvini nella campagna elettorale per le europee e li aiuterebbe moltissimo a raccogliere voti contro l’«Europa dei tecnocrati e dei banchieri che nessuno ha eletto». Sarebbe un potente assist per tutte le forze populiste e sovraniste del Continente che partono già avvantaggiate rispetto alle famiglie politiche tradizionali e si metterebbero sulla scia della protesta dei loro alleati italiani. Perché, ragiona Moscovici, fare un simile regalo a due politici che hanno impostato la loro politica di bilancio proprio come una sfida all’Europa con il dichiarato intento di paralizzare il «mostro» di Bruxelles con i suoi parametri e criteri di austerità? Meglio glissare e prendere tempo: gli europeisti sanno benissimo che il guanto di sfida che è stato loro lanciato comporta un pericolo molto serio per l’istituzione, e che le elezioni di maggio potrebbero segnare una Waterloo per Palais Berlaymont.

Fatta questa considerazione, resta da capire quanto e se la linea di Salvini e Di Maio sia pericolosa per l’Italia. Le opposizioni lanciano allarmi molto concitati e accusano di irresponsabilità i capi politici del governo. Certo la scena di Di Maio e dei ministri grillini che esultano dal balcone di Palazzo Chigi non ha contribuito a rassicurare chi diffida della loro capacità di stare al timone. È sembrata, anche al netto di qualunque paragone con un altro «Balcone» di infausta memoria, un’euforia decisamente fuor di luogo e assai poco congrua in un momento tanto delicato per 60 milioni di italiani.

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