Mercati finanziari
È il tempo di frenare

L’incredibile e inedita altalena della Borsa, con cali di entità davvero storica, dice che nemmeno gli operatori finanziari più sofisticati riescono a capirci qualcosa. L’ampiezza delle oscillazioni giornaliere è talmente grande che sicuramente non rappresenta il cambiamento della situazione economica. Segnala semmai che l’incertezza regna sovrana: sull’entità del fenomeno Covid-19 e sulle sue conseguenze per l’economia; sulla possibilità che lo scenario italiano si estenda all’Europa e magari anche all’America; sulla durata del fermo dell’economia e sulla velocità della successiva ripartenza.

E soprattutto sulla capacità delle istituzioni preposte al governo dell’economia di gestire gli effetti di questa crisi, chi è sì per sua natura temporanea, ma che se non ben gestita rischia di lasciare ferite durevoli. L’ostacolo al normale andamento economico è ormai evidente anche se lo guardiamo da prospettive apparentemente lontane dalla finanza, come per esempio lo sport. Lo stop al campionato di calcio, il probabile slittamento dei campionati europei, la possibile sospensione delle Olimpiadi comportano il venir meno di molti miliardi di spese per spostamenti, soggiorni, servizi eccetera. In una parola: contrazione del Pil, il Prodotto interno lordo mondiale.

Certo, l’inciampo alla normale attività cesserà, ma nel frattempo qualcuno sarà caduto, magari perché già è finanziariamente fragile adesso, altri posticiperanno gli investimenti, riducendo ulteriormente la domanda aggregata, altri ancora non espanderanno la capacità produttiva per adeguarsi alla nuova situazione e non faranno nuove assunzioni.

I governi, per primo il nostro, proveranno a surrogare il venir meno della domanda privata aumentando quella pubblica, attraverso gli annunciati grandi piani di investimento. Ma questi richiedono tempi lunghi e quindi nell’immediato cercheranno di alleviare la situazione rinviando il prelievo fiscale a chi è stato più colpito. La politica monetaria, nelle mani della Bce, ha finito le cartucce. Speriamo almeno che non diventi essa stessa un problema con altri annunci inopportuni. Se tutto questo è vero, tornando ai mercati finanziari, non c’è da stupirsi del loro disorientamento. Ma c’è di più: da tempo le quotazioni azionarie erano giudicate anomale, troppo alte rispetto all’economia reale, che pure dovrebbero riflettere.

Anche i prezzi delle obbligazioni erano al di sopra di ogni logica, come se non esistesse alcun rischio, merito (o colpa) dell’enorme massa di liquidità che gira per il mondo in cerca di opportunità di investimento. Ora l’incanto si è rotto, chi continuava a godere di una crescita dei prezzi che sembrava irrefrenabile ha capito che bisogna tornare con i piedi per terra, anche se è doloroso. Nessuno può dire se lo scossone è terminato oppure no, gli indicatori tecnici sono ancora contraddittori, mentre c’è consenso sull’idea che non si tornerà presto ai valori di due settimane fa. In qualche comparto, penso proprio alle obbligazioni delle imprese, forse non si tornerà a quei livelli mai più nel futuro prevedibile.

Cosa deve fare il risparmiatore in questa situazione? È più facile dire cosa non si deve fare: non bisogna improvvisarsi degli indovini, non si deve aver fretta di recuperare la svalutazione subita (che magari è tale solo rispetto a un po’ di tempo fa, ma non al momento dell’acquisto), non si deve farsi spaventare dalla virulenza delle oscillazioni. Bisogna invece riconsiderare la propria posizione finanziaria per verificare che sia ancora adeguata al nuovo quadro. Quando il mare si fa più tempestoso bisogna ridurre le vele. Ci sarà tempo per scioglierle di nuovo e riprendere una navigazione veloce e sicura.

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