Meno tasse e più servizi se tutti pagassero

FISCO. Evasori colpevoli o perseguitati? Il dibattito è aperto dentro la solita polemica che sorge tutte le volte che si affaccia all’orizzonte un condono fiscale, specialità bipartisan della Repubblica italiana.

Dopo le dichiarazioni del ministro e vicepresidente del Governo Meloni, Matteo Salvini, in favore di una sanatoria, ecco pronta la tirata del direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini. «È un fatto di giustizia nei confronti di tutti coloro che, e sono la stragrande maggioranza, le tasse anno dopo anno le pagano». Come - notoriamente – i lavoratori dipendenti. «Le tasse sono bellissime» ebbe a dire il compianto Tommaso Padoa Schioppa. Servono a pagare i lampioni, l’asfalto, le scuole, la sanità, l’esercito, le forze dell’ordine, la Rai, insomma tutto ciò che è pubblico. Il problema è che le tasse in Italia sono altissime, hanno livelli scandinavi senza i servizi scandinavi e questa è una pura ingiustizia. Inoltre i furbi se ne approfittano. Fruiscono degli stessi servizi ma non pagano un centesimo. Un’ingiustizia bella e buona. Le stime vanno dai 100 ai 200 miliardi di euro evasi. Soldi con cui potremmo abbassare le tasse, appunto, oppure costruire un Paese migliore: creare lavoro, infrastrutture, garantire la sicurezza nelle città, negli investimenti, nelle gare d’appalto, ecc.

Dunque il punto di equilibrio sarebbe non «meno tasse per tutti» ma «tasse per tutti». A quel punto il primo slogan si realizzerebbe automaticamente, sviluppando risorse e dando ossigeno ai cittadini contribuenti che non ce la fanno più.

Salvini insiste. Lo si può capire: siamo in piena campagna elettorale alle Europee, anche se manca ancora un anno. «La pace fiscale (un eufemismo per dire condono, ndr) è un vantaggio per lo Stato. Pace fiscale non per chi le tasse le evade ma per chi «ha fatto le dichiarazioni ma non è riuscito a versarle tutte». Dunque coloro che hanno ricevuto le famose cartelle esattoriali ma non si sono precipitati alla Agenzia delle entrate per versare il dovuto ma hanno mantenuto un conto aperto. E pace per quelli che lo hanno fatto. «È un vantaggio per lo Stato che incassa una marea di miliardi da usare per stipendi e pensioni e significa una liberazione per 15 milioni di persone». Quando erano all’opposizione Matteo e Giorgia non parlavano così. Ma pazienza.

La polemica andrà avanti ma si intuisce la fine. Perché dovrebbe essere diversa? I condoni si sono sempre fatti, a destra e a sinistra. Anche se la destra in campagna elettorale ha sempre promesso di alleggerire le imposte, mentre la sinistra è più rigorosa (ed è uno dei motivi per cui perde spesso alle elezioni). Per stare alla storia recente dei condoni fiscali ed edilizi (che sono la stessa cosa perché sempre di tasse si tratta), il primo degli ultimi 50 anni è stato quello del governo di Mariano Rumor (ministro delle Finanze Emilio Colombo), nel 1973. Nel 1985 il premier Bettino Craxi fece la doppietta: condono edilizio e concordato fiscale, al dicastero di via XX Settembre c’era Lamberto Dini, che peraltro veniva dalla severissima Banca d’Italia. Ma si può dire che tutta la classe politica fece ricorso a questo strumento, persino Mario Draghi, sì proprio lui, che ha cancellato con il decreto Sostegni le cartelle esattoriali fino a 5mila euro dal 2000 al 2010. Non che nelle casse siano mai giunti grandi tesori, ma è pur sempre grasso che cola. Anche Conte, quando era premier, lo ha proposto. Non si salva nessuno. Il condono è una fonte preziosa per reperire risorse.

Si giustifica con il fatto che in fondo è un modo per non tassare ulteriormente i poveracci che pagano le tasse. La Cgia di Mestre ha calcolato che con il gettito prodotto da questo tipo di provvedimenti dal 1973 al 2003 si sono ricavati 100 milioni di euro. In pratica lo Stato si è ripreso una parte infinitesimale di quel che gli spettava e ha lasciato perdere sugli altri miliardi evasi. La soluzione sarebbe quella di far pagare a tutti le tasse, garantire servizi all’altezza, evitare gli sprechi e ogni forma di tassa occulta (il 30 per cento delle entrate dei Comuni di Milano e di Firenze è costituito da multe, possibile che un automobilista su tre ha preso la patente e non sa guidare? O la segnaletica stradale pessima è un modo per incrementare le casse del Comune? Del resto che interesse hanno i Municipi a migliorarla, la segnaletica stradale, visto il tesoretto che si portano a casa ogni anno?). Infine, redistribuire il gettito all’insegna della giustizia sociale. La politica ha sempre imposto leggi fiscali per mantenere promesse e clientele e poi ha condonato i furbi o i disperati (ci sono anche quelli), innescando una sorta di circolo virtuoso al contrario. Ci vorrebbe una rivoluzione globale. Sempre ammesso che non si tassi o si multi anche quella.

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